L’altro giorno, all’assemblea di Italia viva a Roma, Matteo Renzi ha garantito “appoggio incondizionato” al presidente del Consiglio. Saranno fischiate le orecchie a Enrico Letta: la pacca sulla spalla al premier equivale forse a un “Giuseppe stai sereno”, cioè è il preludio della spallata? È quello che ci si chiede da domenica. Renzi infatti da un lato ha giurato eterna fedeltà all’esecutivo, dall’altro ha disseminato di trappole il suo percorso. A cominciare dalla legge sulla prescrizione. Il leader di Italia viva è andato allo scontro frontale con il ministro guardasigilli. “Fermati finché sei in tempo”, ha intimato ad Alfonso Bonafede con un’enfasi apocalittica. La minaccia è stata esplicita: se si va al muro contro muro, i fedelissimi dell’ex premier voteranno contro. E almeno al Senato i suffragi renziani sono determinanti per la sopravvivenza del governo.
Ma non c’è soltanto il tema della prescrizione che costringe Conte a non essere troppo sereno. Il ministro Teresa Bellanova è andata all’attacco del governatore pugliese Michele Emiliano, dopo che lo stesso Renzi giorni fa non aveva escluso di presentare un candidato alternativo per le elezioni regionali magari assieme ad Azione di Carlo Calenda. C’è poi il dossier Ilva: entro il 7 febbraio il governo deve prendere una decisione e Renzi preme per favorire Arcelor Mittal. Ci sono le concessioni autostradali, e anche in questo caso il rottamatore si muove all’opposto dei 5 Stelle. E c’è il milleproroghe, decreto sul quale Italia Viva ha chiesto pesanti correzioni. Su tutti questi dossier si registra una netta contrapposizione tra i renziani e M5s. Conte sta nel mezzo.
È il premier il bersaglio delle sfuriate dell’ex premier? Sarebbe un gioco molto rischioso sacrificare Conte per sostituirlo con un mister X dalle prospettive ancora più instabili. Il cuneo che Renzi vuole inserire è tra il capo del governo e Zingaretti, una coppia che dopo la sconfitta dei 5 Stelle alle regionali forma il nuovo asse che sostiene l’esecutivo. Del resto, Renzi ha un terreno favorevole sul tema della giustizia perché ha cominciato a trovare le prime sponde in fette di società civile e forse di elettorato: gli avvocati infatti sono compatti contro la riforma, paradossalmente portata avanti proprio da due avvocati, cioè Conte e Bonafede.
Ma nell’opera di logoramento, necessaria per garantirsi visibilità, Renzi potrebbe incontrare anche appoggi insospettabili. Uno è quello leghista: la guerriglia sulla prescrizione e l’eventuale candidatura anti–Emiliano in Puglia fanno oggettivamente il gioco di Matteo Salvini. Dall’altro lato si profila lo spirito di rivincita di Luigi Di Maio e dell’ala pentastellata a lui più vicina. Anche lui ha interesse a disarticolare il rapporto tra il presidente del Consiglio e il segretario Pd. È chiaro che Di Maio non può sconfessare il provvedimento sulla prescrizione che ha voluto con tutte le proprie forze, ma non vedrebbe male un eventuale sgambetto al guardasigilli, diventato capodelegazione del M5s, e magari un suo passo indietro.
C’è una parte del Movimento che non vuole il consolidamento del rapporto con il Pd e forse coltiva l’idea di rimettersi con Salvini. In questo contesto, ancora una volta Renzi gioca la sua solita partita spregiudicata approfittando di un governo sempre più immobile, nel quale Conte sembra avere perso la capacità di mediazione che aveva sorretto l’esecutivo al tempo del dualismo tra Di Maio e Salvini.