Mentre la politica è tutta presa dalle discussioni sulle poltrone della Rai e soprattutto sul prossimo capo dello Stato, gli uomini del potere reale ne approfittano per fare avanzare una pratica che non è mai completamente approdata alla luce del sole. Il suo nome è Trattato del Quirinale ed è così chiamato perché verrà firmato nella residenza del nostro presidente della Repubblica, anche se la denominazione più corretta è “Trattato di cooperazione bilaterale rafforzata tra Italia e Francia”. Di esso non si sa altro. Il testo e i contenuti non sono noti. Pochissimi se ne sono occupati, tra questi il Sussidiario, principalmente ponendo domande perché fossero chiariti i contorni dell’operazione, ma gli interrogativi sono rimasti inevasi. E approfittando dell’attenzione generale calamitata da ben altri temi, i tessitori dell’accordo proseguono nell’ombra.
Dal poco che finora è filtrato, si tratterebbe di “un’autoannessione dell’Italia alla Francia, industriale e strategica, edulcorata ma sostanziale: un errore che l’Italia pagherebbe molto caro”, ha spiegato Carlo Pelanda. Un patto fortemente sbilanciato a favore dei transalpini, il che tuttavia non provoca reazioni da noi capaci di fare chiarezza. Coperto dal chiacchiericcio su incarichi e nomine, il giorno della firma sembra inesorabilmente avvicinarsi. Qualche tweet ha ventilato un’ufficializzazione imminente. Ieri l’agenzia finanziaria Bloomberg annunciava che “Mario Draghi ed Emmanuel Macron firmeranno un accordo di cooperazione la prossima settimana, secondo fonti vicine al Trattato del Quirinale”. Esso è “destinato a spingere la cooperazione industriale e strategica tra i due Paesi, replicando il cosiddetto Accordo dell’Eliseo ratificato nel 1963 tra Francia e Germania”. Secondo Bloomberg, un portavoce di Draghi ha rifiutato di commentare, mentre l’ufficio stampa di Macron non ha confermato “al momento” la firma.
L’agenzia ricorda che era stato il premier Paolo Gentiloni, ora commissario europeo, ad avviare le prime negoziazioni nel 2018, mentre Giuseppe Conte aveva archiviato la pratica. Con l’arrivo di Draghi i colloqui sono ripresi e l’addio di Angela Merkel avrebbe favorito l’avvicinamento tra Italia e Francia “per ottenere più influenza sulle politiche dell’Unione Europea”. Queste valutazioni positive non sono condivise da un articolo che sempre ieri è uscito sul quotidiano finanziario MF, che già dal titolo (“Il Trattato del Quirinale non sia dell’Eliseo”) mette in guardia dai rischi di un accordo scritto in clandestinità. “Occorrerà leggere in controluce tutti i passaggi più critici di questo Trattato, soprattutto nella parte della difesa delle frontiere, dell’accoglienza e dei rapporti economici finanziari”, si legge nell’articolo di Roberto Sommella.
Il tema di fondo è quello della reciprocità: siamo sicuri che i nuovi rapporti economici e strategici siano su un piano di parità? L’ipotesi sembra smentita dal dossier Oto Melara, eccellenza italiana nella produzione mondiale di sistemi di difesa che compete con successo con industrie francesi e tedesche: guarda caso, proprio un consorzio franco-tedesco avrebbe presentato a Leonardo un’offerta per l’acquisizione.
Cos’è dunque il Trattato del Quirinale? Un modo per sancire la sottomissione o una garanzia di reciprocità? Se si sacrificano i pezzi migliori dell’industria della difesa, su quale altare si compie questo sacrificio? Qualcosa di grosso si sta avvicinando per il futuro del nostro Paese, ma ancora non si sa che cosa stia accadendo. E la politica tace.
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