Si fa un gran parlare di imminente rimpasto di governo in questi giorni, ma dagli elenchi dei sostituibili è uscito un nome che è stato in bilico per mesi, quello di Giovanni Tria. Il titolare dell’Economia all’improvviso è diventato il crocevia di tutti i giochi che si stanno svolgendo intorno alla trattativa fra il governo italiano e le istituzioni europee. Intoccabile perché coperto dallo scudo protettivo del Quirinale, e insieme unico interlocutore riconosciuto da Draghi, da Moscovici, da Dombrovskis. Attaccare Tria in questa fase vuol dire attaccare tutti i suoi interlocutori, con l’obiettivo di strappare concessioni.



Non sembra un caso se il ritrovato asse Salvini-di Maio se la prende con il difensore dei conti pubblici. Tria si è espresso contro i mini-bot sottoscrivendo le dichiarazioni di Draghi e Moscovici: o sono nuova moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito, e quindi vanno ad aggravare il già disastrato bilancio italiano. Chiedere al ministro dell’Economia di trovare lui una formula alternativa per pagare i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende significa nei fatti affidargli la parte più delicata della trattativa con Bruxelles.



Bisogna fare attenzione agli specchietti per le allodole: la trattativa è già in pieno svolgimento. Ne sono indizi almeno due uscite dei ministri considerati più vicini a Mattarella, Moavero e lo stesso Tria. Il titolare della Farnesina ricorda che è fondamentale evitare la procedura d’infrazione, perché “causerebbe una spirale molto negativa” per il paese, e sembra di sentire la voce del Capo dello Stato. Da Fukuoka, dal vertice del G20 finanziario, il commissario Moscovici dice di “aver avvertito veramente che il ministro Tria è conscio di quello che deve fare”, cui segue la dichiarazione del rappresentante italiano, sicuro che alla fine un’intesa verrà trovata.



Per quanto complessa, probabilmente la partita è davvero aperta, più di quanto non possa sembrare, e questo perché le scelte economiche che attendono l’Italia vanno a intersecarsi con la partita dei nuovi assetti europei. Si legge sui tutti i giornali che l’Italia rischia di rimanere esclusa da tutte le posizioni chiave, addirittura di un cordone sanitario per evitare persino l’insediamento di sovranisti in posizioni chiave (un accordo fra popolari, socialisti e liberali). Le condizioni perché questo accada ci sono, e si è visto dai primi contatti da cui l’Italia è stata tenuta lontana. Potrebbe accadere però che l’isolamento dell’Italia sia giocato in modo intelligente per far pendere il piatto della bilancia da una parte piuttosto che dall’altra.

Oggi bussa alla porta di Palazzo Chigi Manfred Weber, formalmente il candidato popolare alla guida della Commissione europea, che ha un disperato bisogno di supporto per non essere messo da parte dai suoi. Sta a Giuseppe Conte giocarsi bene questa opportunità. E non si tratta solamente di ottenere un portafoglio decente per il commissario che spetta all’Italia. Si tratta di sventare l’ipotesi che il candidato tricolore possa venire impallinato all’Europarlamento, e per farlo bisognerebbe offrire anche qualche garanzia sulle intenzioni dell’Italia di non voler andare del tutto in rotta di collisione con l’Europa.

È una trattativa complessa, insomma, con in ballo insieme la prossima legge di bilancio e i futuri assetti europei, per quanto a prima vista possano apparire mele e pere, cioè elementi non mescolabili. Tutto si tiene in realtà a livello europeo. Ecco perché Tria potrebbe essere la cerniera su cui gira questo dialogo. Ecco perché fa gola la casella libera di ministro per le politiche dell’Unione Europea. Ecco perché potremmo scoprire che i mini-bot sono stati usati come arma di distrazione di massa per spaventare l’Europa, che non ha nulla da guadagnare da un’Italia sotto schiaffo e tentata davvero dall’uscita dall’euro, visto il peso economico del nostro paese.

Il gioco è spericolato, la trattativa sarà lunga, e il finale non è scritto. Non sarà facile varare una legge di bilancio che non scontenti troppo né l’Europa, né la maggioranza gialloverde. È questa però la priorità numero uno per Sergio Mattarella, che ha avvertito tutti di essere pronto a fare ogni sforzo per evitare che il paese perda la rotta da qui al varo della difficile manovra finanziaria che ci attende.