La visita di Ursula von der Leyen ieri a Roma ha catalizzato l’attenzione per il ricordo commosso di David Sassoli e soprattutto l’incontro con Giorgia Meloni. Ma più lontano dai riflettori dei tg, la capitale ha ospitato un secondo eurovertice, quello tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il presidente dell’eurogruppo, l’irlandese Paschal Donohoe. L’eurogruppo è il coordinamento informale tra i ministri delle Finanze dei 20 Stati Ue che adottano la moneta unica. Di solito, l’eurogruppo si riunisce alla vigilia di un Consiglio dei ministri delle Finanze di tutti i 27 Paesi aderenti. Si riunisce per mettere a punto le strategie più favorevoli ai Paesi dove circola l’euro. Essendo informale, l’organismo è di fatto uno strumento di lobby. È la sede in cui si prendono le decisioni che contano.
Donohoe ieri era a Roma proprio per questo: fare lobby per conto degli altri Stati. Cioè, nel caso specifico, fare pressioni sull’Italia. Sul tavolo del vertice il tema principale, accanto alle politiche anticrisi, era il Mes, Meccanismo europeo di stabilità. Dunque, il ministro irlandese è venuto per sincerarsi che il governo Meloni non faccia scherzi sul Mes, il fondo a salvaguarda dell’euro, dotato di ampi poteri di monitoraggio dei bilanci statali e di forti condizionalità, che attende la ratifica di un ultimo Paese dell’area euro. E quel Paese è il nostro. Il governo Draghi aveva preso un impegno con l’Ue, benché il suo governo non fosse compatto nel sostegno. “Deciderà il Parlamento”, aveva tagliato corto l’ex premier. La Meloni dall’opposizione si è sempre battuta contro il trattato. E da premier ha ribadito che “l’Italia non accederà mai al Mes”.
Favorevoli o contrari? Donohoe è venuto dunque per capirne di più. “Negoziamo accordi con la buona fede che tutte le parti rispettino i propri impegni”, ha detto ieri. “Questa fiducia è fondamentale per il funzionamento dell’Ue”. E ha aggiunto: “Sono convinto che riusciremo a compiere progressi nella ratifica e nell’attuazione del trattato Mes, una riforma fondamentale” che “offre strumenti più comuni per affrontare le crisi”.
Più che l’abbraccio tra Giorgia e Ursula, l’incontro più importante di ieri è stato proprio la partita a scacchi tra Giorgetti e Donohoe. Non si sa che cosa si siano detti i due. Al termine il nostro ministro è stato piuttosto ermetico: “Sono contento della visita di Pascal a Roma”, ha dichiarato. “In un contesto europeo e globale caratterizzato da un elevato grado di incertezza, continuiamo a sostenere i cittadini e le imprese colpite dagli elevati prezzi dell’energia. La crescita economica e la solidità delle finanze pubbliche sono al centro dell’azione del governo italiano, anche aumentando gli investimenti e attuando le riforme. In questo contesto, riteniamo che un coordinamento efficace e azioni congiunte a livello europeo siano essenziali”.
Da queste parole non traspare che l’accordo sia vicino, anche se Giorgetti auspica “coordinamento efficace” e “azioni congiunte a livello europeo”. C’è da sperare che il ministro abbia tenuto il punto, anche se in questo momento il governo italiano è rimasto isolato in Europa. Resta il fatto che da Bruxelles si moltiplicano le pressioni sull’Italia perché ratifichi il trattato. Resta anche da capire quanto resisterà il muro di Roma.
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