Sarebbe dovuta essere approvata entro il 27 settembre. Invece, dopo non aver trovato spazio nel consiglio dei Ministri del 30 settembre, la Nota di aggiornamento al Def sembra essere stata soppiantata, nelle priorità di palazzo Chigi, dal varo del Dpcm relativo al rafforzamento delle misure anti-contagio dopo i numeri in crescita del Covid nel nostro Paese. La Nadef, infatti, sarebbe dovuta essere approvata domenica sera, è poi entrata nell’ordine del giorno del Cdm di ieri, ma ancora non è noto il suo testo. Il sospetto è che i ritardi del Recovery fund abbiano creato non pochi problemi all’esecutivo, che non a caso pare dover rivedere il progetto di riforma fiscale per far quadrare i conti. Per Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, il ridimensionamento delle risorse europee crea effettivamente un problema politico per l’esecutivo.



Da che punto di vista?

È evidente che torna prepotentemente alla ribalta la questione del Mes sanitario, perché con quelle risorse si potrebbero rivedere al ribasso i livelli di deficit e di spesa per interessi sul debito pubblico. Mi sembra però che ci sia anche una battaglia aperta tra le forze della maggioranza sul reddito di cittadinanza. Se infatti pare difficile rivedere Quota 100, che come ha ricordato Conte scade a fine 2021 e basta non rinnovarla, sulla misura bandiera del Movimento 5 Stelle le pressioni per una modifica sono forti. Il premier l’ha di fatto annunciata, ma non vorrà metterci le mani. Non sarà facile arrivare a una quadra, Pd e Italia Viva infatti vogliono più paletti e controlli.



I 5 Stelle subiranno anche un forte pressing sul Mes sanitario…

Sì, anche perché finora Di Maio, come altri pentastellati, ha cercato di spiegare che occorreva privilegiare le risorse del Recovery fund rispetto a quelle del Mes sanitario, ma questa linea ora non può più reggere. Gualtieri è certamente in difficoltà, i 5 Stelle sono divisi e litigiosi, ma non è detto che l’altro fronte sia unito.

Cosa intende dire?

Le parole di Bonomi hanno creato un po’ di scompiglio nel Governo, dato che ha evidenziato che c’è una scarsa tendenza all’investimento produttivo nelle politiche economiche. Nel Pd c’è chi si è reso conto di non poter litigare con la Confindustria che ha sempre cercato di avere dalla sua. Non dimentichiamo che la riforma del lavoro dei dem nasceva anche d’accordo con gli industriali. Se ora viale dell’Astronomia chiede investimenti produttivi, il Pd, alleato con M5s, è oggettivamente in difficoltà.



A questo punto diventa importante far cambiare linea ai 5 Stelle, specialmente sul Mes, ma può volerci tempo. Tutta questa attenzione sulla questione sanitaria che sta ponendo Conte in fin dei conti torna utile…

Sicuramente è gradita a Zingaretti, perché la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio non serve solo e soprattutto a non dialogare con l’opposizione, ma a evitare problemi nella stessa maggioranza, perché in Parlamento potrebbe non avere il pieno controllo delle proprie fila. Problemi di compattezza li vedo anche tra i dem, non solo tra i 5 Stelle. Il Pd ha paura di se stesso e dei disordini di M5s, quindi gli fa comodo lo stato di emergenza.

Gualtieri intanto esclude nuovi lockdown, che certamente avrebbero effetti negativi sull’economia. Le sembra ci sia più attenzione su questo aspetto da parte dell’esecutivo?

Difficile dirlo. Sono infatti stupefatto dal modo con cui sta gestendo questa nuova tornata di impegno anti-pandemico. Al momento tutto pare limitarsi all’obbligo di indossare la mascherina all’aperto, addirittura con il controllo per le strade da parte dell’esercito. Trovo che sia un modo parziale di affrontare la situazione. Il vero problema è che non sembra esserci un vero piano di gestione della seconda ondata, è come se si volesse seguire ancora la strada dei continui Dpcm di questa primavera. Tra l’altro credo che nel Governo ci sia il forte timore che il piano sulla scuola non funzioni. Nel caso, infatti, le conseguenze sul piano dell’immagine dell’esecutivo sarebbero ben immaginabili.

(Lorenzo Torrisi)