Pare che sia da attribuire a Matteo Renzi la primogenitura dell’affermazione secondo cui l’obiettivo di questa legislatura è di eleggere il successore di Sergio Mattarella al Quirinale, onde sbarrare la strada a un candidato di obbedienza salvinana. Pare che tutti nella maggioranza la condividano, dai democratici ai 5 Stelle, ma, secondo un vecchio detto, fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
In altre parole, ci sono due anni esatti da riempire di contenuti, e non sarà affatto facile, visto l’immobilismo in cui è precipitato il governo all’indomani del faticoso varo della legge di bilancio, prima ragione per cui il Conte 2 è nato. La tanto sbandierata “fase 2” dell’esecutivo è ancora un obiettivo. Non c’è nulla di concreto, mentre i dossier bollenti si accumulano, dall’Ilva alle concessioni autostradali, dalla prescrizione alla valanga di nomine che sono in scadenza a primavera. Su tutto le vistose lacune di una politica estera balbettante, con troppi nodi irrisolti, l’Europa, i rapporti con gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Il fallimento della spallata leghista in Emilia ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ma la crisi dei 5 Stelle continua a pendere come una spada di Damocle sulla testa di Conte e della durata del suo governo.
Nonostante un quadro tanto incerto, c’è chi si esercita nell’immaginare la corsa al Quirinale prossimo venturo. E un osservatore delle cose romane solitamente bene informato come Luigi Bisignani attribuisce al segretario generale del Colle, l’abile Ugo Zampetti, manovre già in atto per la riconferma di Mattarella.
Tutto è possibile, ma dubitarne è lecito, dal momento che il rigore con cui l’attuale Capo dello Stato ha sin qui esercitato il suo mandato fa immaginare più probabile un no in stile Ciampi alle sirene che gli dovessero proporre la rielezione. Motivi di età, ma soprattutto di opportunità, spiegò l’uomo dell’euro: “Il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale – scrisse Ciampi il 3 maggio 2006 – mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato”.
Ciò non toglie che l’uscita di Bisignani rappresenti il segnale che le grandi manovre sono già in corso. Anzi, che parlare con due anni di anticipo delle rielezione di Mattarella costituisca un comodo schermo ai manovratori.
A chiamarsi subito fuori dalla corsa è stato Romano Prodi. Non solo per l’età (nel gennaio 2022 avrebbe 82 anni), sopratutto perché l’esperienza dei 101 franchi tiratori del 2013 ha lasciato il segno ed è lo stesso professore bolognese ad avere contezza di quanto il suo nome, per quanto prestigioso, possa essere divisivo.
Tutti gli altri “papabili” restano nell’ombra, a cominciare dall’attuale premier, Conte, che sarebbe il candidato di sintesi ideale, se riuscirà a impedire per due anni il crollo della sua fragile maggioranza. Contro di lui gioca il fatto che mai finora un premier in carica è approdato al Quirinale.
L’altro nome di indiscusso prestigio che circola è quello di Mario Draghi. Difficile capire se le sue chances siano aumentate o diminuite dopo che Salvini si è detto disponibile a prenderlo in considerazione. Di certo la sua sarebbe una candidatura bipartisan, non quindi garante di un equilibrio di alleanza organica fra il Pd e il Movimento 5 Stelle. Accanto a Prodi e Conte i nomi in grado di incarnare questo scenario sono quasi tutti di marca Pd e probabilmente in concorrenza fra loro: Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, oltre a Dario Franceschini, cui i retroscenisti più malevoli attribuiscono da tempo aspirazioni quirinalizie.
Altri nomi da tener presenti, qualora con questo Parlamento si dovesse arrivare a definire un nome meno di parte, Giuliano Amato, Pierferdinando Casini e soprattutto la neopresidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, di fatto l’unica donna con chances reali, anche se circolano ipotesi intorno a Emma Bonino e Maria Elisabetta Alberti Casellati.
E Mattarella? C’è solo uno scenario in cui potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di prolungare la sua permanenza al Quirinale oltre il 3 febbraio 2022: una situazione paralizzata simile a quella in cui si trovò il suo predecessore Napolitano. Ma la condizione irrinunciabile sarebbe una richiesta corale, da maggioranza e opposizione. La corsa al Quirinale è appena iniziata. E la tenuta della legislatura potrebbe avere su di essa un’influenza decisiva.