Alla fine l’accordo Pd-M5s sui candidati unici per le regionali del prossimo autunno ci sarà.

I toni e le pressioni si fanno ormai ultimativi e quotidiani. Dopo la decisa presa di posizione del leader Dem Nicola Zingaretti, appaiono assai incisive le parole del solitamente mite ministro della Salute Roberto Speranza che intervistato da La Stampa chiarisce come il diverso comportamento tenuto dai grillini a livello centrale e a livello locale sia “un elemento di contraddizione che non può reggere a lungo”.



Come dire: o aprite ad alleanze locali o il giocattolo è destinato a rompersi anche a Roma.

Un ultimatum bell’e buono ribadito dal destro del renziano Gennaro Migliore, che dalle colonne del Riformista incalza: “Italia Viva – per lealtà – voterà la fiducia al Governo sul Decreto carceri” ma i renziani “non sono per niente soddisfatti dell’operato del ministro Alfonso Bonafede”.  



Del resto i pentastellati hanno molti conti in sospeso con i partners di governo, a partire proprio dal sofferto (e non ancora digerito) salvataggio dello stesso ministro della Giustizia sul caso Dap-Di Matteo: vicenda alquanto inconsueta e tutt’oggi poco chiara che aveva mosso l’opposizione alla presentazione di una mozione di sfiducia individuale contro il Guardasigilli respinta grazie proprio ai voti di Italia Viva.

Insomma l’accerchiamento è totale, asfissiante e concentrico (novità assoluta per i litigiosi giallo-rossi). Un maremoto che paradossalmente potrebbe tornare utile a Beppe Grillo ed ai suoi sodali Luigi Di Maio e Vito Crimi (ex ed attuale reggente del Movimento) per regolare i conti interni con l’ala più oltranzista e sempre più turbolenta guidata da Alessandro Di Battista e supportata da Davide Casaleggio.



Un aiuto inatteso ma assai prezioso viste le “propensioni democratiche” del fondatore dei 5 Stelle e le sue inconfessabili (anche se palesi) ambizioni di leadership sul Partito democratico (e con esso, ovviamente, sull’intera coalizione di centrosinistra).

In fondo, chi ha un poco di memoria, ricorda bene come Beppe Grillo sia stato “costretto” a fondare il Movimento 5 Stelle per il “niet” della dirigenza Pd alla sua candidatura a segretario.

Un veto mai dimenticato a Sant’Ilario!