Dopo il vertice sulla manovra e la risoluzione sul Mes, nella maggioranza dissidi e divergenze sembrano essere stati appianati e lo stesso premier Conte è intenzionato a far cominciare il 2020 all’insegna di un chiaro programma di interventi. Il Governo avrà vita facile? Non secondo Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, che evidenzia l’esistenza di “un grave problema di politica industriale. Non è che l’esecutivo non abbia una politica industriale, ma ne ha una che si può definire anti-industriale. Non è un caso che la produzione industriale italiana, secondo quanto riportato dall’Istat martedì, sia scesa ancora proprio in alcuni settori dove questa politica anti-industriale è più evidente”.



Per esempio?

Nel settore siderurgico. È chiaro che i giudici fanno il loro mestiere, ma il Governo potrebbe essere più proattivo sull’Ilva, favorendo, che resti o meno Arcelor Mittal, anche la riconversione degli impianti in modo che siano più rispettosi dell’ambiente e della salute, sfruttando, come già detto, le aperture europee in tal senso. Va male anche l’automotive. Qui, oltre a portare avanti politiche fiscali che non aiutano il settore, l’esecutivo non sta occupandosi della fusione tra Fca e Psa, cosa che invece viene monitorata sia dallo Stato francese che dagli Usa, anche per quel che riguarda i risvolti occupazionali. In crisi c’è anche il settore estrattivo e sappiamo che anche qui sono state approvate leggi che non aiutano un comparto che è importante. Aggiungo una cosa.



Quale?

Che il fatto di trascurare i rapporti con i Paesi del Nord Africa, Libia in particolare, mette in pericolo la produzione dell’Eni. Non dobbiamo poi dimenticare la questione Alitalia e le mosse che non aiutano le imprese attuate con la manovra, come la mancata proroga della cedolare secca sugli affitti degli immobili commerciali o la plastic e sugar tax. Insomma, è evidente che la politica anti-industriale del Governo determina una situazione esplosiva.

Secondo lei, questa politica anti-industriale è portata avanti da tutta la maggioranza o solo da una parte di essa?

Nella maggioranza ci sono ideologie contrastanti e già nella sua componente di sinistra c’è un guazzabuglio non da poco. Sulla carta dovrebbe esserci incompatibilità tra chi dovrebbe occuparsi dei lavoratori, la sinistra, e chi invece promuove la decrescita felice, i 5 Stelle. Ci rendiamo conto che un Governo con un’importante componente di sinistra, che dovrebbe quindi avere a cuore lo sviluppo dell’occupazione, rischia di lasciare a casa la gente? Non credo che l’esecutivo abbia una navigazione tranquilla. Anche perché ci sono le elezioni regionali. Una sinistra che vive di Sardine, che non risolve le crisi industriali, non può avere il consenso sociale, quindi questo Governo è morto, è morto nel popolo, non può durare.



Cosa può determinarne la caduta?

In pochi giorni rischia di scoppiare drammaticamente la questione Ilva e il contraccolpo nel Governo ci sarebbe, anche perché è noto chi ha voluto togliere lo scudo penale facendo partire tutto il caso. Renzi accetterebbe di sostenere un esecutivo che determina la perdita di posti di lavoro? Ci sono poi le elezioni regionali che possono invece causare un ulteriore sfaldamento dei 5 Stelle. Insomma, la caduta avverrebbe per un’implosione. Poi ci sono altre questioni, come l’immagine di Conte che certo non esce bene dall’inchiesta delle Iene sul concorso che l’ha fatto diventare professore universitario. Non c’è poi chiarezza sui rapporti internazionali, con la Cina in particolare.

(Lorenzo Torrisi)