È finito con un 1-0 per il Conte 2 lo scontro sulla prescrizione. Matteo Renzi ha tirato la corda fino all’ultimo, sperando che nessuno volesse vedere il suo bluff, ma l’avvocato del popolo ha resistito. E alla fine, davanti al rischio di una crisi, chi ha fatto marcia indietro non è stato il premier ma l’ex premier.
I toni si sono abbassati, il governo appare più tranquillo, e anche le voci di protesta salite dalla piazza riempita ieri pomeriggio dai grillini non mostrano di preoccupare l’asse tra Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti. Il M5s tenta di recuperare l’anima movimentista, Luigi Di Maio sale sul palco da ministro degli Esteri per rifarsi l’immagine e riguadagnare un po’ di ascendente sui suoi, ma tutti sanno che nessuno avrà il coraggio di tirare la corda fino a spezzarla.
Ieri mattina Conte è salito pure al Quirinale per essere rassicurato. E l’esperienza democristiana di Sergio Mattarella gli è stata di conforto. La vecchia regola è sempre valida: il potere logora chi non ce l’ha. Chi ce l’ha se lo tiene stretto, sempre che non sia Matteo Salvini. In questi mesi Renzi ha tentato un’operazione di logoramento ai danni del Pd e del disegno di realizzare una nuova entità moderata di sinistra che avrebbe in Conte un saldo punto di riferimento, come Zingaretti ha ripetuto più volte. Italia viva deve mostrare di avere una rappresentanza reale nel Paese e non solo di essere un’operazione di palazzo. Il rottamatore ha cercato visibilità, ha forzato su ogni dossier possibile. Il risultato è stato avere bloccato l’attività di governo senza tuttavia riuscire a ritagliarsi una propria identità.
Da un lato Zingaretti sta tentando di attirare Conte e quindi “grillizzare” in qualche modo il Pd approfittando della profonda crisi dei 5 Stelle. Dall’altro Renzi ha fatto di tutto per relegare il premier in un ruolo che non è quello del leader politico ma del mediatore, di colui che deve tenere insieme i cocci a ogni costo. Renzi vuole intestarsi la rappresentanza del centrosinistra moderato e il principale concorrente in questa operazione è proprio Conte.
Il presidente del Consiglio ha scelto invece di consolidare l’asse con Zingaretti, sapendo che nessuno dei suoi alleati rissosi e “maleducati” avrebbe il coraggio di dare l’ultima spallata per farlo cadere. Conte ha resistito e ora il tempo sembra dargli ragione. Perché adesso sono Conte e Zingaretti a lanciare l’operazione logoramento ai danni di Italia viva. Renzi ha mancato il colpo del ko e anche tra i suoi comincia a serpeggiare un certo malcontento. Così, prima che tentare di mettere insieme un gruppo di “responsabili” da altri partiti alimentando l’ennesima operazione trasformistica, Conte e il Pd puntano a riconquistare i transfughi renziani. Sono loro i primi da riportare stabilmente a casa togliendo un po’ di terra sotto i piedi dell’ex segretario Pd. E più di qualche renziano sta facendo i conti rendendosi conto che, se si andasse a votare subito dopo il taglio dei parlamentari, la riconferma sarebbe tutt’altro che scontata.
Non sono grandi prospettive, è sempre una navigazione a vista quella del governo Conte 2. La sua prima preoccupazione è quella di aggirare uno scoglio dopo l’altro. Una strategia di respiro più vasto in questo esecutivo ancora non si vede, così come non emerge un legante diverso dalla necessità di tenere lontano Salvini da Palazzo Chigi. Soprattutto se il leader della Lega riaprisse il fronte delle intemperanze antieuropee, come ha fatto ieri.
Per ora, dunque, Conte si tiene Renzi cercando di logorarlo e Renzi resta nel governo per mancanza di alternative praticabili. Un “Conte 3” o un “Gualtieri 1” non hanno il via libera dal Colle.