Ci sono politici più o meno attendibili. E poi ci sono politici le cui parole vanno soppesate una per una, perché raramente parlano a vanvera. Giancarlo Giorgetti oggi è considerato il più affidabile. E se lui dice che la prossima settimana sarà decisiva per comprendere la durata del governo bisogna chiedersi il perché.
La fase politica che stiamo vivendo è convulsa. I tempi sincopati. Domenica prossima, 30 giugno, è convocato un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo, chiamati a trovare un accordo sulle nomine di vertice dell’Unione Europea che oggi pare una chimera. Tagliata fuori dalle cinque poltrone che contano (presidenti della Commissione, del Consiglio europeo, dell’Europarlamento, della Banca centrale e alto rappresentante per la politica estera), l’Italia chiede un portafoglio economico per un proprio commissario, ma soprattutto solidarietà per evitare una procedura d’infrazione per debito eccessivo mai così vicina. Se l’isolamento fosse confermato, per il governo, già traballante, sarebbe un colpo duro.
Di per sé questo dato già fa comprendere come i prossimi giorni possano essere decisivi per il prosieguo della navigazione del governo Conte. Il premier sta cercando di barattare il sostegno italiano con la clemenza sui conti pubblici. E potrebbe persino riuscirci, in un quadro europeo estremamente incerto. Se fallisse, però, la situazione, già difficile, si potrebbe fare drammatica. Visto che la posta in gioco è altissima, il fattore tempo diventa decisivo.
Dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, la Commissione che sta facendo la faccia dura contro l’Italia vede il suo mandato agli sgoccioli. La prossima dovrebbe entrare in carica il primo novembre prossimo. L’essere a fine corsa la rende più debole, e c’è chi, come Matteo Salvini, pensa di poter approfittare di questa fase di passaggio non solo per evitare la procedura d’infrazione, ma anche per varare una legge di bilancio che non tenga troppo conto dei rigidi vincoli contabili che l’Europa cerca in ogni modo di imporci. La forte accelerazione impressa dal capo leghista, che vorrebbe la manovra economica per il prossimo anno varata in piena estate va in questa direzione, ma non può che destare qualche perplessità. Anticipare la legge di bilancio è più facile a dirsi che a farsi. Comporta un’accelerazione di tantissimi passaggi tecnici e politici della cui fattibilità è più che lecito dubitare. Vien da pensare che si tratti più di un’arma dialettica che di una reale possibilità.
Eppure anche la richiesta di anticipare la legge di bilancio entra in quel computo di settimana decisiva che Giancarlo Giorgetti indica. La variabile tempo potrebbe anche essere declinata come sfida fra Salvini e Mattarella. I retroscena dei giornali, infatti, continuano a dipingere Salvini come l’unico contrario alle elezioni anticipate nello stato maggiore leghista. L’unico, ma anche l’unico che conta. A frenarlo non solo considerazioni politiche (l’approfittare di un alleato sempre più debole), ma anche la velata minaccia di Sergio Mattarella di tentare in ogni caso di mettere in piedi un governo alternativo all’attuale in caso di dimissioni di Conte. Si tratta di un’eventualità che Salvini prende estremamente sul serio, perché un governo tecnico potrebbe davvero trovare i numeri in un parlamento in cui la stragrande maggioranza dei parlamentari non ha alcuna possibilità di esser rieletta. Si pensi ai grillini alle prese con il terzo mandato, agli azzurri di Forza Italia con un partito in via d’estinzione, ai democratici dove è lecito attendersi un’emarginazione dei renziani.
Salvini vede come il fumo negli occhi la nascita di un nuovo governo alla Monti, e nel braccio di ferro con Bruxelles sta bruciando il tempo a disposizione di Mattarella per il suo tentativo. Quando saremo a luglio il tempo per coagulare un’operazione tecnica si sarà esaurito. Anche Mattarella dovrà convenire sull’opportunità di andare al voto al più presto, perché – in caso di fallimento del tentativo tecnico – avrebbe sulle spalle la responsabilità di aver condannato il paese all’esercizio provvisorio.
Il finale non è scritto, ma lo scenario è chiaro: Salvini non vuole sorprese. Vuole essere l’unico arbitro del possibile ricorso alle elezioni anticipate.