«Roma, 30 aprile 2019. A tutti i ministri. Il Consiglio dei ministri è convocato in data odierna alle ore 21,00 a Palazzo Chigi, per l’esame del seguente ordine del giorno: Varie ed eventuali». Firmato Conte. Che gli vuoi dire a un governo così? Se la cantano e se la dicono da soli: un esecutivo senza argomenti. Un teatrino dell’assurdo. Un dopolavoro. Le opposizioni e i social ieri si sono scatenati. Il governo non riesce a mettersi d’accordo nemmeno sull’ordine del giorno. Ci sarebbe da nominare il prefetto di Roma, il direttorio Bankitalia, l’autonomia delle regioni del Nord. Per non parlare del caso Siri. Tutto e niente.



È finita che, in poco più di un’ora di seduta, sono state decise le nomine a Bankitalia (direttore generale e vice) e quelle di alcuni prefetti, tra i quali quello di Roma. Fonti leghiste aggiungono che è stato rimesso sul tavolo il tema delle autonomie, naturalmente «salvo intese» che saranno decise successivamente. Nessuna novità invece dal fronte del sottosegretario Siri. Conte l’altra sera gli ha chiesto il passo indietro, pronto a ridargli il posto di governo quando tutto sarà chiaro. Siri ha ripetuto che avrebbe deciso Salvini, non Conte. Il premier non si è sbilanciato, limitandosi a fare sapere che «la mia giacca non si lascia tirare più di tanto». Della questione ieri sera a Palazzo Chigi non si è parlato. I Cinque stelle hanno scelto di proposito il silenzio. Sarà la Lega – è il loro ragionamento – a dovere spiegare perché tiene così tanto a un sottosegretario indagato per corruzione in un’inchiesta per mafia.



Per la piega che ha preso la situazione, il caso non potrà restare aperto ancora a lungo, e la soluzione non potrà essere un ulteriore rinvio. Conte da avvocato era specialista nelle mediazioni giudiziarie e ora, da presidente del consiglio, ha conquistato quelle caratteristiche tutte democristiane di prendere tempo, riflettere, lasciare posare la polvere, e poi cercare un compromesso. Ma con Siri il compromesso non ci sarà. Il taglio del nodo è stato già rinviato più volte. Prima si era detto che la decisione sarebbe stata presa dopo il viaggio in Cina, poi la “deadline” era stata fatta slittare a dopo la visita in Tunisia, alla quale hanno preso parte anche i due vicepremier, che sono andati e tornati con due aerei diversi.

Ora il colloquio c’è stato e Conte ha invitato Siri a farsi da parte. O quantomeno di lato, visto che il suo posto resterebbe a disposizione dopo la chiusura della vicenda giudiziaria. La soluzione sarà netta, non ci saranno vie di mezzo come l’autosospensione, una forma giuridicamente inesistente. I grillini non lo accetterebbero. Per tenere il punto, Salvini ha rimesso sul tavolo del governo il dossier delle autonomie, che ormai il leader leghista usa soltanto come arma di pressione. Bisognerebbe spiegarlo ai governatori Zaia e Fontana, oltre che ai milioni di elettori veneti e lombardi che un anno e mezzo fa hanno plebiscitariamente votato per l’autonomia: la questione è stata ridotta a uno spauracchio da sventolare in faccia ai grillini per spaventarli, ma non è destinata a diventare realtà.

Tu minacci di cacciare Siri? E io minaccio di portare in Parlamento l’autonomia. Naturalmente con un ordine del giorno intitolato «Varie ed eventuali».