L’altro giorno il ministro Giovanni Tria aveva chiaramente bocciato la flat tax, al punto che Matteo Salvini aveva abbandonato il vertice di governo davanti alle reiterate obiezioni del titolare dell’Economia. Ieri, come se non fosse stato lui a seminare i chiodi sulla strada del taglio fiscale preteso dalla Lega, Tria ha candidamente ammesso di essere favorevole alla “tassa piatta” fin da quando faceva il professore universitario a tempo pieno. Anzi, ha aggiunto Tria smentendo i retroscena dei giornali, non è vero che lui e Salvini abbiano litigato: sono pure usciti assieme.



È un tentativo di placare il vicepremier leghista, che insiste per forzare la mano all’uomo dei conti mentre in Europa non passa giorno che un alto papavero di Bruxelles richiami l’Italia ai suoi doveri di bilancio, cioè a porre in atto una manovra correttiva prima che la situazione precipiti. Da un lato l’allargamento del debito per finanziare il taglio delle tasse, dall’altro il rigore europeo, e in mezzo Tria che ogni giorno cambia versione.



Basterebbe questo a delineare lo stato confusionale nel quale l’esecutivo continua ad agitarsi senza una prospettiva. Ma non si tratta solo del domani: è nell’oggi che i gialloverdi continuano a vagare ognuno con le proprie idee. Lo dimostrano altri due episodi di ieri. Il primo è il voto totalmente opposto espresso da Lega e 5 Stelle sul sostegno economico a Radio radicale: con un blitz da esperto dei regolamenti parlamentari, il democratico Giachetti è riuscito a introdurre un emendamento che regala 3 milioni all’emittente. Nonostante i grillini avessero dichiarato la contrarietà del governo, la Lega ha votato a favore del finanziamento assieme a tutti gli altri partiti eccetto naturalmente il M5s. Di Maio era furibondo. Per lui è un altro passo verso lo sfilacciamento che porterà al voto anticipato: “Secondo noi è una cosa gravissima, di cui anche la Lega dovrà rispondere davanti ai cittadini”.



L’altro terreno di scontro riguarda sempre la comunicazione: è la Rai, e in particolare il conflitto d’interessi che riguarda il presidente Marcello Foa (in quota Salvini) il quale guida sia l’azienda di Viale Mazzini sia RaiCom, ruoli per i quali lo statuto del servizio radiotelevisivo pone un’incompatibilità. Tra Lega e 5 Stelle sembrava raggiunto un accordo, ma ieri mattina in Commissione di vigilanza tutto è saltato e la questione è stata nuovamente rinviata. Nel frattempo, la Lega prepara una colonizzazione dei palinsesti televisivi estivi e autunnali.

Vendetta, rappresaglia, chiamiamola come vogliamo: fatto sta che tra i due partiti di governo gli strappi si allargano invece che ricucirsi. Figurarsi se si può ipotizzare un accordo per riempire la casella del ministro degli Affari europei (lasciata libera da Paolo Savona), poltrona chiave in questa fase di braccio di ferro che sarà lunga. Tra un Salvini che invita i suoi a tenersi pronti e un Giorgetti che gli fa eco invitando a stare sempre all’erta, sembra che la vittoria leghista alle europee stia prendendo una piega precisa. Salvini e i suoi erano partiti con la richiesta di un tagliando, ora invece stanno pensando di portare direttamente la macchina governativa alla rottamazione. E se il presidente Mattarella si opponesse alle urne a settembre, non resterà che sparare contro il governo tecnico “invernale” che dovesse insediarsi per varare una finanziaria dolorosissima, e poi ripresentarsi come i salvatori della patria.