Secondo l’ultimo sondaggio di Nando Pagnoncelli, pubblicato dal Corriere della Sera, il 62% degli italiani promuove le strategie anti-coronavirus decise dal governo. Ed è favorevole anche un elettore di centrodestra su 2, nonostante che i leader dei tre partiti all’opposizione protestino perché ritengono ancora troppo blande le misure per rilanciare l’economia e contenere la diffusione del morbo. Salvini, Meloni e Tajani non smetteranno di lamentarsi, e dal loro punto di vista fanno bene. Perché, in pratica, l’operato del governo è stato in qualche modo dettato dal centrodestra, o meglio dai governatori delle Regioni del Nord che avevano il polso vivo della situazione sanitaria e imploravano Roma di intervenire con crescente severità.
Attilio Fontana, dal nuovo Pirellone della Regione Lombardia, giorno dopo giorno ha dettato la linea chiedendo chiusure, controlli, mano ferma con i trasgressori, iniezioni di personale e di risorse per le strutture sanitarie mai così messe alla prova. E lo ha fatto anche invocando quello spirito unitario la cui mancanza è stata tante volte rimproverata alla Lega: difendiamo la sanità lombarda perché così tuteliamo anche quella del Sud, ha detto Fontana.
È un centrodestra più propositivo quello che sta cercando di prendere forma in queste settimane di emergenza, meno legato a rivendicazioni polemiche e più teso a proporre una collaborazione. Del resto, è anche una necessità interna: non si può più impostare una proposta politica soltanto sul controllo degli sbarchi e sulla chiusura dei porti, quando ora sono gli altri Stati, a noi confinanti, a sbarrare perfino i confini di terra. Non si potrà neppure più parlare di quota 100 o di flat tax, quando la mancanza di personale medico specializzato imporrà di prolungare i tempi di lavoro per non perdere professionalità preziose, mentre le tasse devono servire a non ridurre ulteriormente i livelli di assistenza sanitaria che oggi mostrano di essere al limite.
Di fatto, la linea Fontana è diventata prima la linea Salvini e poi la linea Conte; non solo per le misure di sicurezza e igiene pubblica adottate, ma anche per la quantità di risorse stanziate dal governo. Certo progressismo ha dovuto rimettere nelle casse le magliette, gli slogan e le manifestazioni contro un razzismo inesistente. E c’è stato anche un riavvicinamento imprevedibile con il Quirinale, che la “gaffe” di Christine Lagarde ha finito per suggellare. La nota del presidente Mattarella dell’altro giorno, dura nei toni e nei rapidi tempi di intervento, è stata una fortissima reprimenda nei confronti dell’Unione Europea, che infatti dopo 24 ore è stata costretta a fare retromarcia.
Non che il Colle si sia iscritto al partito dell’Italexit, ma la sua esternazione ha reso evidenti i limiti di questa Unione, mai così in difficoltà a esprimere solidarietà ai Paesi che si trovano in situazioni difficili. La convergenza tra centrodestra e Quirinale non è stata né cercata né voluta, semplicemente è accaduta attorno a una circostanza occasionale. Ma non per questo è meno reale. E potrebbe giovarsene lo stesso Conte.