Salvini intende riscrivere i vincoli europei, M5s invece “sull’Europa non ha nessun programma, l’unico suo problema è che la Lega non sfondi” dice al Sussidiario Paolo Becchi, filosofo del diritto e opinionista politico del quotidiano Libero, in passato vicino a Grillo e al Movimento 5 Stelle, oggi convinto sostenitore dei partiti anti-establishment. M5s si gioca il tutto per tutto perché una vittoria di larga misura di Salvini metterebbe in difficoltà le leadership di Di Maio.



Le dichiarazioni più allarmanti restano quelle di Giorgetti: ”Se la litigiosità resta così, dopo il voto non si va avanti”. Lei che ne pensa?

Sono schermaglie pre-elettorali. Non so cosa ci sia nella testa di Giorgetti, ma in una situazione in cui i due partiti che governano insieme si presentano separati alle urne con progetti diversi sull’Europa, cercano di differenziarsi anche in Italia per massimizzare il risultato elettorale.



A proposito, che programma ha M5s sull’Europa?

Non ha nessun programma. Dell’Europa non gli importa assolutamente nulla e le elezioni europee sono solo l’occasione di contarsi. L’unico preoccupazione oggi in M5s è che la Lega non sfondi. Per questo i 5 Stelle adesso fanno i moderati.

Intanto M5s ha messo in difficoltà la Lega grazie alle inchieste.

Che la magistratura abbia svolto un ruolo politico di sostegno contro Salvini a favore di M5s, mi pare evidente.

Cosa c’è dietro la svolta dell’ultimo mese?

Il caso Siri è stato servito dai pm ai 5 Stelle su un piatto d’argento. C’è un precedente: il tentativo di mandare a processo Salvini sul caso Diciotti. Allora Di Maio non colse l’opportunità, adesso lo ha fatto. Siri era un punto debole della Lega, non c’erano vie d’uscita e Salvini è stato costretto a incassare.



Altri punti deboli della macchina leghista?

Un mese fa avevo scritto che intorno alla metà di maggio sarebbero ripresi gli sbarchi. È quello che le Ong stanno tentando di fare. Se Salvini sarà costretto a mediare, riaprendo i porti, perderà molti consensi.

Il leader della Lega ha in mente delle contromosse?

La prima, forse la più importante per lui, è la manifestazione elettorale di sabato a Milano. Se ci fosse anche Farage, Salvini potrebbe porre le basi di una svolta. Molti ritengono superflua l’iniziativa del leader inglese perché, dicono, tanto la Gran Bretagna uscirà dall’Ue. Ma è una valutazione errata.

Perché l’alleanza con Farage sarebbe strategica per Salvini?

Al di là di quello che farà o non farà il Regno Unito, in vista della formazione della commissione europea, che si decide a luglio, il gruppo di Farage potrebbe fare maggioranza con i sovranisti e se questi ultimi avessero un buon risultato il 26 maggio, si potrebbero aprire scenari nuovi.

Quali sarebbero?

I sovranisti potrebbero incidere sul nome che il Consiglio europeo presenterà come presidente della Commissione. Perché è vero che il candidato presidente viene designato dal Consiglio europeo, quindi dai capi di Stato e di governo dell’Ue tenendo conto del risultato delle urne, ma poi dev’essere votato a maggioranza dal parlamento europeo. Se nel parlamento la componente sovranista fosse condizionante, il nome del presidente dovrà essere contrattato con i sovranisti.

“Non si può, si deve” superare il vincolo del 3%, ha detto Salvini. “È mio dovere superare i vincoli europei se affamano le famiglie italiane”. “Basta parlare da irresponsabili, fa aumentare lo spread”, gli ha replicato Di Maio. In realtà lo spread sta salendo dai primi di maggio. Perché quelle dichiarazioni?

Salvini ha capito che lo spread è un inganno e che a determinarne l’andamento è la Bce. L’Italia per crescere deve poter fare deficit da destinare agli investimenti. L’Unione Europea lo vieta. Il capo della Lega ha voluto far capire all’elettorato che anche se non parla più di fine dell’euro, nondimeno l’obiettivo è chiaro: cambiare questa Europa. Vedremo se sabato farà un discorso politico vero. Finora ha fatto solo tatticismi.

Che cosa dovrebbe dire secondo lei?

Dovrebbe dire che l’Europa è stata massacrata dalle élites tecnocratiche, e che i popoli devono tornare di nuovo al centro della politica. Esistono oggi carte di diritti di qualunque cosa, ma i popoli sembrano gli unici soggetti ad esserne sprovvisti. Se Salvini volesse uscire dall’angolo, dovrebbe lanciare una carta dei diritti dei popoli europei.

Pd ed M5s si parlano a distanza. Anche questi sono tatticismo o sono piuttosto il prodromo di qualcosa di più serio?

È un atteggiamento che, da una parte e dall’altra, mi ricorda Prodi. Con le sue strizzate d’occhio perse la maggioranza al Senato e fu silurato. Se Zingaretti tenta questa manovra, farà la stessa fine di Prodi e riaprirà le porte a Renzi.

Perché Renzi?

M5s e Pd sembrano dimenticare che in Senato la maggioranza è così risicata che bastano pochissimi voti per mandarla sotto. L’inciucio di Zingaretti prima o poi salterebbe e a quel punto Renzi si riprenderebbe il partito.

Le sue previsioni?

Da sabato la campagna elettorale entrerà nel vivo. Se Salvini lancia un messaggio forte, può superare il 30 e ambire al 35%. Allora i rapporti di forza nel governo cambierebbero, anche con l’attuale composizione del Parlamento. M5s punta al 24%. Se si fermasse al 20% Di Maio andrebbe in difficoltà.

A quel punto?

Potrebbe intervenire Grillo e lanciare Di Battista.

Nel frattempo?

Nel frattempo M5s ha il tema corruzione dalla sua. E anche l’aiuto della magistratura. Che cosa possono volere di più?

(Federico Ferraù)