Per ogni disputa politica che si rispetti, c’è sempre una lunga, lunghissima attesa.

E questa terribile pandemia sembra avere spostato l’attenzione dei tuttologi verso altri e meno, stranamente, franosi lidi. La scelta dei candidati per le prossime elezioni meneghine è sparita dalle prime pagine delle cronache milanesi per lasciare spazio a tristi bollettini che ci ricordano ogni giorno che abbiamo avuto non poco tempo per correre ai ripari. Stanotte abbiamo messo le lancette un’ora avanti per ritrovarci tristemente proiettati a 7 mesi fa. E 7 mesi fa, a Milano, c’era qualcuno che lanciava nell’etere improbabili slogan sulla solidarietà e l’accoglienza mentre l’aria cominciava già ad essere densa, ma non come la nebbia citata da Oscar Wilde che “è l’incertezza che affascina”, ma più come un presagio di ciò che poi tutti noi, tristemente, ricordiamo.



Ad ogni modo, in tutto questo peregrinare, Sala ha avuto il tempo di sondare altri terreni, perché è chiaro oramai che il ruolo da sindaco non è più nelle sue corde, e che vorrebbe tornate al suo antico mestiere oppure abdicare (addirittura!?) ma solo per incarichi ben più illustri. Mentre il centrodestra sonnecchia.



Perché se da un lato la sinistra radical chic sta provando a immaginare eventuali sostituti di Sala (si parla di Pierfrancesco Maran!), la destra sta ancora cercando la propria identità. Forza Italia è ormai appesa a un filo e i suoi rappresentanti, in consiglio comunale, stanno cercando più di capire dove collocarsi nel futuro, che preoccuparsi delle elezioni. La Lega sta, nel frattempo, cercando una mediazione tra le varie anime della città. Una città, una regione spaventata, preoccupata. Esercizio per altro non facile, visto anche l’accanimento mediatico sul presidente Fontana, che rende qualunque scelta discutibile e poco convincente.



Ad ogni buon conto e per dovere di cronaca, le principali città italiane (Roma, Milano, Torino, Napoli) vanno tutte al voto e il centrodestra non ha posizioni da difendere, perché non governa in nessuna di queste, quindi quale migliore occasione?

Proprio sulla mia Milano, da qualche giorno si fa un gran parlare dell’oncologo Paolo Veronesi.

Infatti, sembra che i leader dei partiti di centrodestra abbiamo parlato di sindaci in una riunione ristretta proprio qualche sera fa: Giorgia Meloni e Ignazio La Russa per FdI, Matteo Salvini per la Lega, Silvio Berlusconi e Antonio Tajani per Forza Italia.

Solito obiettivo: cercare nomi “esterni” alla politica e in grado di conquistare non solo i voti “consolidati” ma anche qualcuno tra i più moderati del centrosinistra. Impresa ardua. A Milano nel 2016 la stessa operazione fu tentata con la candidatura di Stefano Parisi, e la conquista di Palazzo Marino sfumò per un soffio, così come tutte le sue future prodezze politiche.

Sembra ora che l’oncologo Veronesi sia in “pole position” rispetto ad altri nomi: Sergio Dompé (imprenditore farmaceutico), Flavio Cattaneo (vice presidente di Italo) e Ferruccio Resta (rettore del Politecnico). Quest’ultimo, di recente, ha però fatto sapere che preferisce continuare a occuparsi della sua università; come dargli torto? Veronesi sarebbe comunque un buon candidato.

È infatti direttore dell’unità di chirurgia senologica integrata allo Ieo e, dal 2006, presidente della fondazione creata nel 2003 da suo padre Umberto. È docente di chirurgia generale alla Statale. Con la Fondazione Veronesi ha contribuito a creare il movimento internazionale “Science for Peace” per la riduzione delle spese militari e la loro riconversione in investimenti di ricerca.

Ma la politica si sa com’è: a volte lancia nell’agone un nome per valutarne le reazioni e distogliere l’attenzione da quello che potrebbe essere il reale e futuro candidato.

Dunque non fatevi incantare dal canto delle sirene e guadate altrove. Perché la “società civile” ha tanti e illustri personaggi pronti a scendere in campo, rischiare il tutto per tutto e concludere con un impegno pubblico la loro illustre carriera. Insomma siate critici, curiosi, attenti e soprattutto giudiziosi perché “De Milan ghe n’è doma vun”.

Da Milano è tutto. Linea allo studio.