La lettera di Tria non ha convinto la Commissione europea, che ieri in un documento di 14 pagine ha attaccato le principali riforme del governo Conte e aperto la strada alla procedura di infrazione per debito eccessivo. Il governo ha risposto dicendo di voler rispettare il Patto di stabilità. Apparentemente, dunque, i giochi sono ancora aperti. Si tratta. Ma è un’illusione, perché il destino dell’Italia è già scritto. Lo ha deciso il club di Stati che contano. Quello che in Italia non è ancora chiaro è che non c’è politica che tenga, perché l’unica “politica” che vige nell’Ue è l’annientamento di chi vìola le regole. Anche se le regole non hanno funzionato. A dirlo è Chris Foster, investitore professionista che ha operato sui mercati internazionali e che ha conosciuto molto da vicino gli ambienti dell’eurocrazia europea.
È possibile che la Commissione uscente creda davvero di salvare l’Europa sanzionando chi viola le regole e insistendo sulle ricette di austerity?
Ho capito che cosa intende: come può Bruxelles non vedere che le sue ricette sono la causa della vittoria dei populisti nelle urne?
Appunto. Lei cosa risponde?
Il piccolo super club di paesi che controlla il grande “club a 28 Stati” ha le sue ragioni per gestire meglio il potere. Per il centro-nord Europa, l’Italia da risorsa è diventata un problema da tutti i punti di vista. Meglio distruggerla definitivamente sia dal punto di vista economico che politico. Visto che la classe politica italiana è stata del tutto inaffidabile negli ultimi 25 anni e sostanzialmente un alleato debole nel migliore dei casi, o un nemico negli altri, il club ha deciso di abbandonarla e saccheggiarla. Non mi fraintenda: vista dal club, l’Italia è un paese finito che non può più fornire crescita all’Unione e quindi è diventato un mercato minore, meno rilevante di 15 anni fa.
Ma sono davvero così pochi i paesi che contano in Ue?
Oggi l’Europa è in mano a tre paesi, Francia, Germania, Olanda. Più la Spagna, a margine, che sostenendo umilmente il club di cui sopra, ha rimpiazzato l’Italia come rappresentante del Mediterraneo. La nuova Europa è dominata da Macron, una persona che ha ottenuto il 20% della metà degli aventi diritto francesi. Faccia lei il conto. La Spagna è il nuovo vassallo della Francia e ha interesse a occupare lo spazio che l’Italia ha ceduto o sta cedendo.
Abbiamo alleati?
No. Non c’è un paese europeo al di fuori dell’Italia a cui dispiaccia questa situazione. Bisogna guardare il problema non solo nei termini del “cattivo” Soros che odia Salvini, e che quindi finanzia il solito gruppetto di amici anti-sovranisti. Bisogna ormai pensare all’Ue, realisticamente, come ad un club di pochi dove anche i membri ricchi e potenti sono abbastanza in difficoltà sia sul fronte economico e sociale, vedi la Francia, sia su quello della stabilità e influenza politica, vedi la Germania.
Sono in difficoltà, lei dice, e nonostante ciò non desistono dai dogmi del rigore.
Sono disposti a fare qualsiasi cosa pur di mantenere la propria situazione relativa. Se l’Ue crescesse del 5% non ci sarebbe bisogno bisogno di danneggiare il proprio vicino, ma se la crescita è zero e le coalizioni di governo sono deboli, è meglio accordarsi per spolpare il paese più debole.
Dunque al club non interessa nemmeno la sopravvivenza del sistema-Europa nel lungo periodo.
Assolutamente no, perché la variabilità politica è oggi così estrema che nessuno antepone un progetto sostenibile di Ue all’obiettivo di potere di breve periodo.
E nella prossima legislatura europea tutto sarà come prima?
Sì. Anzi sarà peggio, perché con le minacce populiste è fondamentale essere più inflessibili. Si potrà pure lasciare che l’Italia sfori di uno zero virgola, ma poi a livello di scelte forti, dai posti di potere agli accordi commerciali, all’influenza internazionale, l’Italia verrà massacrata. Oggi chi è seduto al potere sa come gestirlo, chi invece cerca di sedersi al tavolo, o verrà reso organico o verrà respinto.
Salvini e le forze cosiddette sovraniste?
Salvini non è un problema: non ha i mezzi per arrivare al tavolo. E qualora ci arrivasse, non sa cos’è Bruxelles e come funziona, temo. Qualsiasi forma smussata di accordo o di cessione a favore del nuovo trend sovranista sarà un’apparenza. Certo la situazione economica sta peggiorando drammaticamente in termini di esclusione e moltiplicazione delle diseguaglianze. Se Macron oggi ha dei problemi, l’anno prossimo li vedrà aumentare.
Ma è proprio questo il punto. Come pensano di affrontarli? Le forze anti-sistema cresceranno.
Non è necessario ragionare sulla base di un decennio quando si hanno coalizioni di governo che stanno in piedi con cinque deputati. Oggi chi pensa nel lungo termine non va oltre 10 mesi. È la grande novità europea: non c’è un paese europeo veramente stabile. Tranne uno solo, l’Ungheria…. e questo fa un po’ sorridere.
Quindi?
Quindi, se mi si permette l’azzardo, il partito più influente d’Europa è quello di Soros: ha soldi illimitati per finanziare i propri amici, i temi più cari e soprattutto ha una visone di lungo periodo che nessuno ha in Europa. In sintesi, un novantenne americano gestore di hedge funds è l’unico uomo di potere in Europa con una visione di lungo periodo!
Come vede dal suo punto di vista di investitore una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia?
Confermo il mio pessimismo sulla sostenibilità per l’Italia degli attuali livelli di tassi, che pure sono già alti. Non perché il debito sia diventato più insostenibile di un anno fa, ma perché in questo momento l’attacco politico all’Italia non può che aumentare.
Però il debito dei grandi paesi del mondo sta aumentando ovunque.
Per questo è naturale che ci sia più offerta di titoli e più possibilità di incappare in periodi di crisi. Ovviamente il debito di Stati in situazioni difficili tende a soffrire di più. Non solo. Assisteremo a una polarizzazione ulteriore del debito europeo tra “buoni” e “cattivi”: questi ultimi saranno solo Italia e Grecia.
Lei cosa farebbe?
I titoli di debito italiani sono i più facili e liquidi da vendere allo scoperto, volendo scommettere su una fase di litigiosità europea o addirittura sul rischio di disgregazione. In generale, il debito italiano vedrà un peggioramento della sua sostenibilità.
Perché colloca l’Italia nella periferia cattiva?
Per rendersene conto basta osservare l’andamento dello spread tra Spagna e Italia, che sembra ricalcare come tendenza quello tra Italia e Germania. Una volta il problema era il “club Med”, ora è solo l’Italia.
Se lei fosse al governo, cosa farebbe?
Difficile rispondere. All’Italia occorrerebbe forse una specie di piano Marshall, fatto di grande espansione della spesa pubblica combinata con riduzione del peso tributario. Sarebbe l’unico modo per far ripartire un po’ di domanda interna, di spinta demografica e ripresa degli investimenti. Ma è difficile che accada, perché il paese è ormai compromesso e non ha la forza e la credibilità per azioni forti. Servirebbe poi una ristrutturazione del debito. Un’operazione delicata, ma prima o poi inevitabile.
Con che modalità?
È un tema troppo tecnico per parlarne qui. Semplificando, vedrei una manovra per rendere sempre più perpetuo il debito dei paesi più indebitati, per esempio attraverso il conferimento dei titoli a un fondo garantito da Ue o Bce. In tal modo si riduce la pressione delle scadenze pur mantenendo il valore nominale del debito.
Secondo lei l’amministrazione Trump non sarebbe disponibile ad aiutare l’Italia, se si trovasse isolata in una Ue ostile?
Ho molti dubbi. Nella prima difficile situazione di politica internazionale in cui ha potuto decidere da che parte stare, la Nuova Via della Seta, l’Italia ha scelto la parte sbagliata. Un errore gravissimo. Quindi l’affidabilità di questo governo al momento è considerata limitata. C’è poi da dire che l’importanza dell’Italia come partner strategico per gli Usa è molto minore rispetto a trent’anni fa. In terzo luogo Trump ha troppi fronti aperti. L’elemento Italia potrebbe diventare importante solo in casi veramente estremi.
Ad esempio?
Se Macron ottenesse il supporto tedesco per creare un esercito europeo, superando il ruolo della Nato in Europa. Ecco, a quel punto, probabilmente, Trump direbbe all’Italia che quella è la sua ultima chance per scegliere da che parte stare.
(Federico Ferraù)