Avviso ai naviganti: a Palazzo Chigi siede un premier che ha tutta l’intenzione di dettare tempi e modi della ripartenza del Paese. Prendere, o lasciare. La conferenza stampa di presentazione del decreto “Sostegni bis” conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che Mario Draghi ha preso dimestichezza con il ruolo: non solo indica la via da seguire, ma comincia a rivendicare che la sua linea politica sta portando frutti.
Paura dei partiti? Nessuna. Al giornalista che gli chiedeva come pensava di cavarsela la risposta è stata asciutta: “Abbastanza spesso ce l’ho fatta, e stavolta ce la farà anche il governo”. Fatti, non parole: il premier rivendica di aver impresso una svolta sui vaccini, il successo di aver imposto un generale esperto di logistica a capo dell’operazione. L’arrivo di Figliuolo, contestato persino per l’uso della divisa, come segno della discontinuità rispetto allo zoppicante sistema targato Conte ed Arcuri, le regioni costrette ad adeguarsi e collaborare.
Ma c’è di più: a cento giorni dall’insediamento Draghi butta sul piatto 40 miliardi per il sostegno all’economia, guida la riapertura controllata e graduale del paese e detta i tempi, annunciando per la prossima settimana i primi due decreti legge di una lunga serie, quelli sulle semplificazione e sulla governance del Piano nazionale chiamato a dare sostanza al Recovery Plan europeo. Altri seguiranno, a tappe forzate, per attuare le promesse di riforme fatte all’Europa.
Per le polemiche politiche non ci sono né spazio, né tempo. Come Salvini ha dovuto abbozzare sulla richiesta di riaprire più in fretta le attività economiche, così Enrico Letta deve incassare una clamorosa sconfessione della sua idea di finanziare con un aumento delle tasse di successione una dote per i 18enni. Il giudizio di Draghi (“non è il momento di chiedere soldi, bensì di darne”) fa esultare il centrodestra, ma non per proprio merito. Semplicemente, Draghi ha deciso che non è questo il momento in cui si possano alzare le tasse. E così sarà, dal momento che il potere contrattuale dei partiti non è stato mai così basso.
Ciascuna forza politica potrà cantare vittoria solo quando la propria visione coinciderà con quella di Palazzo Chigi. La Lega, quindi, potrà dirsi soddisfatta dell’intenzione di porre al tavolo del Consiglio europeo il tema della revisione della politica in materia di redistribuzione dei migranti in arrivo. Ma sicuramente non potrà esultare su altre scelte, come quelle legate alla fine anticipata del coprifuoco.
I primi risultati (presentazione del Pnrr e svolta nella campagna vaccinale) rafforzano la leadership di Draghi, anche se gli ostacoli sono destinati a farsi sempre più alti e impegnativi. Quanto Letta gli chiede di dare una prospettiva al governo lascia infatti capire che il difficile viene adesso, quando bisogna tradurre in fatti (e in leggi) gli impegni presi con l’Europa. Un esempio su tutti, la giustizia, la cui riforma non può essere politicamente neutra. E quel che piace ai 5 Stelle può risultare indigesto a Forza Italia, e viceversa.
La via, insomma, è obbligata, ma anche stretta. I partiti della sua disomogenea coalizione continueranno a litigare (il caso Copasir è ben lungi dal poter essere considerato archiviato), e Palazzo Chigi continuerà a essere strattonata da una parte e dall’altra. Dovrà perdere un sacco di tempo in trattative, inevitabile. Per Draghi mantenere la barra diritta sulle cose da fare non sarà facile, con la consapevolezza che il tempo a disposizione è poco. Guarda caso, a una domanda su questo ha evitato di rispondere. È la forza e, insieme, la debolezza di un quadro politico terribilmente Draghi-centrico.
Unico vero interlocutore del presidente del Consiglio è il Quirinale. Da qui la nettezza con cui ha respinto la domanda sul dopo Mattarella. Non si tratta di pura deferenza istituzionale, ma di un reale stato di cose. La centralità di Draghi trae forza proprio dalla sua terzietà istituzionale, che è garantita dalla reciproca copertura fra lui e il Capo dello Stato in carica.
Per il dopo si vedrà, a tempo debito. Adesso tutto il tempo a disposizione deve essere speso per riavviare l’economia e porre le basi dell’uso migliore del Pnrr. Nel gennaio prossimo si tireranno le somme. Nel frattempo, Draghi si muove già con il piglio di un Capo dello Stato.
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