Il Conte 1,5 richiede lo scostamento di bilancio di altri 25 miliardi e il prolungamento dello stato di emergenza. E nel suo presunto intervento tecnico e a suo dire non politico (molto politico in verità) ha fatto leva sulla paura degli italiani circa l’inutilità, se non gli fosse stato concesso, delle misure di isolamento alle quali ci siamo sottoposti, e alla possibilità di operare in velocità alcuni dispositivi se tornerà feroce la pandemia che ancora vive e prolifera nel mondo intero.



Intanto la situazione economica e sociale del Paese è in inarrestabile sofferenza e il settore del turismo ammalato gravemente chiede aiuto e sostegno per riprendere fiato e non essere sopraffatto. Ci sono settori che vengono severamente analizzati, come il manifatturiero che vale un terzo del Pil, e si parla meno degli altri due terzi, quei servizi – a cominciare dal piccolo commercio e appunto dal turismo – dove non solo il crollo è più pesante, ma anche l’uscita dal lockdown è lentissima e in molti casi inesistente (basta vedere il numero dei negozi e degli alberghi che non hanno ancora riaperto), però tanto basta a formulare per quest’anno ipotesi di caduta del Pil. La Banca d’Italia ipotizza nove punti in meno (che salirebbero a 11 o forse anche a 13 se ci fosse una recrudescenza del Covid) e da ultima persino la Confcommercio (-9%), che rappresenta gli interessi economici maggiormente toccati dalla pandemia.



Forte o debole che sia il tentativo di ridurre l’impatto della frenata recessiva, tanta o poca che sia la spinta alla ripresa, il merito della reazione è tutto dei protagonisti dell’economia reale: imprenditori, lavoratori, partite Iva, professionisti, famiglie che si arrangiano. Dal Governo non è venuto nulla, e neanche un aiuto alle persone disabili che soffrono terribilmente di questa situazione e la scuola è nell’incertezza più totale con questa Azzolina che balla da sola con i banchi uniposto con le rotelle pericolosissimi per la salute dei bambini e ha da bandire ancora la gara di appalto con le imprese coinvolte, che ovviamente fanno i conti con il tempo che non c’è per assicurare le forniture, senza dimenticare la mancanza di insegnanti e le linee guida inapplicabili.



Tutto questo non solo perché i soldi promessi sono arrivati tardi e non a tutti, ma perché non è con i sussidi che si può fronteggiare una crisi di questa natura e portata. Si possono fare promesse, ma questo non basta a costruire le basi di una riscossa economica che ha bisogno di capacità di analisi, di idee chiare, di un progetto di medio termine e della creazione di molte condizioni di contorno – normative, procedurali, di funzionamento della giustizia e della burocrazia -, cioè tutte competenze di cui l’attuale Governo non dispone neppure in miniatura. L’esecutivo in verità in questo momento ha una spina nel fianco che disturba non poco e non è la minoranza o il sindacato, ma il Presidente di Confindustria Bonomi che sferza attacchi durissimi e non ha poco ragione. Ne ha da vendere e propone misure strutturali sul lavoro, il fisco e la burocrazia.

Non si sa se il Governo vuole continuare a spendere (bonus, sussidi, interventi pubblici a sostegno delle aziende in crisi) o se, finalmente, intende puntare sugli investimenti, facendo quelli pubblici e favorendo quelli privati. Ma non ha ancora individuato il fantomatico gruppo di lavoro che deve redigere un piano che certo non potrà essere l’elenco di buone intenzioni in cui consiste il cosiddetto Pnr, il Piano nazionale delle riforme mandato a Bruxelles, perché dovrà contenere i dettagli dei progetti che dovranno giustificare l’esborso dei soldi previsti dal Recovery Fund.

Conte 1,5 non ha deciso, ma ha creato assemblee di commissari straordinari per qualunque situazione, e lo stato di emergenza, i suoi pieni poteri, corrispondono a un’incapacità di governo. A palazzo Chigi purtroppo per noi abita in pianta stabile la vanesia vanagloria immobile e la molesta furbizia. La scelta di porre ora il tema dell’estensione a ottobre dello stato di emergenza per il Covid non ha alcuna giustificazione di merito – e non avrebbe alcuna conseguenza pratica positiva, così come non ci fu dal 31 gennaio, quando l’emergenza sanitaria fu proclamata, fino ai primi giorni di marzo, allorché divenne dilagante – e al contrario l’avvocato ha alcuni obiettivi politici ben precisi.

La sopravvivenza di Conte 1,5 e del suo Governo dipende, da un lato, dal protrarsi della percezione di inevitabilità di avere un esecutivo in carica che fronteggi la pandemia ancora troppo pericolosamente dilagante senza che questo sia messo in discussione da contrasti politici che i cittadini impauriti non potrebbero sopportare e, dall’altro, dalla possibilità di scansare qualunque cosa possa portare disturbo alla maggioranza già abbastanza divisa. Le elezioni regionali, insieme al referendum sulla legge che ha ridotto il numero dei parlamentari, entrambi già programmati per il 21 e 22 settembre, sono un cappio sull’attuale fragilissimo Governo. Il presidente del Consiglio 1,5 comunque si sta preparando il suo partito, per costruire il quale si avvale di Bruno Tabacci, che gli consentirebbe di evitare di raccogliere le firme per presentare una sua lista.

Dunque sta pensando a se stesso e non tanto all’Italia e agli italiani come va dicendo: la competizione è in atto tra 5 Stelle e Pd e dentro entrambe le forze politiche e 1,5 ha bisogno di tempo per costruirsi bene il suo partito e se al momento giusto arriverà un bel Dpcm, con lo stato di emergenza si consentirà a Conte di eliminare l’election day se fosse considerato incompatibile con la situazione sanitaria del Paese. La sopravvivenza del Conte 1,5 ne avrebbe parecchio giovamento.