La guerra in Ucraina sta plasmando il mondo del XXI secolo, avviando una nuova grande trasformazione in cui la tecnologia è la forza motrice più potente. La guerra economica e le conseguenze geopolitiche del super ciclo delle materie prime hanno tenuto banco, catturando l’attenzione degli analisti, ma i rapporti di forza che la guerra in atto sta riconfigurando sono determinati dalla superiorità tecnologica.



Il fallimento della guerra-lampo pianificata dai russi si spiega con le difficoltà riscontrate da un esercito del XX secolo chiamato a combattere le guerre del futuro. La stessa dottrina Makarov/Gerasimov – con cui l’esercito russo si è preparato a combattere i nuovi conflitti non convenzionali – è sembrata il frutto di velleità più che di reali capacità operative e quindi la proiezione strategica del complesso militare industriale russo, che rappresenta l’architrave del potere di Putin.  Le carenze della logistica russa, che sono il frutto di una dottrina sempre più figlia di una visione strategica più vicina a Clausewitz – subordinata agli obiettivi decisi dalla politica – che a Jomini e alla dimensione operativa della guerra, hanno palesato un livello di impreparazione inimmaginabile e a tratti imbarazzante. Carenze strutturali che l’esercito ucraino ha saputo utilizzare a proprio vantaggio, ricorrendo al supporto tecnologico e informativo occidentale. L’aviazione russa non è mai riuscita ad assicurare la superiorità aerea e l’esercito ha pagato un dazio pesantissimo alle imboscate ucraine, che grazie ai sistemi d’arma anti-carro forniti dagli occidentali non hanno avuto problemi ad avere la meglio sui carri armati nemici.



Dovendo affidarsi all’antiquato e poco preciso Glonas – il sistema di navigazione alternativo al Gps, che è stato reso immediatamente inaccessibile dagli americani – i russi non sono mai riusciti a portare a segno in modo efficiente i loro attacchi. Inoltre, la mancanza di un sistema di comunicazione avanzato ha costretto l’esercito russo ad appoggiarsi alla rete ucraina, finendo sistematicamente intercettato dal sistema informativo occidentale, che ha fornito agli ucraini tutti i dati necessari per neutralizzare le minacce avversarie. L’altissimo numero di generali russi uccisi fa immaginare che gli ucraini sapevano con certezza il luogo e il modo con cui colpire, una sicurezza dovuta al fatto che i generali, per ovviare alle difficoltà comunicative, hanno dovuto avvicinarsi pericolosamente al fronte.



Anche il pericolo di attacchi cyber è sembrato fortemente sovrastimato. Il presidente Zelensky ha potuto comunicare senza problemi con la propria popolazione ed è potuto intervenire nei parlamenti dei principali paesi occidentali in forma telematica senza alcuna interferenza, mentre la facilità con cui Anonymous ha saputo accedere a dati sensibili ha reso evidenti le criticità delle infrastrutture telematiche russe.

In definitiva, la guerra in Ucraina ha palesato il ritardo tecnologico russo e ha rivelato le forme della guerra del futuro in cui i domini cyber e spaziale hanno un ruolo decisivo.

In questa competizione per la superiorità tecnologica si è aggiunto un nuovo soggetto che probabilmente rappresenta la più grande novità che porta con sé la guerra in atto. Elon Musk e Starlink hanno assicurato agli ucraini la continuità delle comunicazioni, arrivando a coprire gran parte del territorio nazionale.  Inoltre, si presume che la rete di satelliti a bassa orbita siano riusciti a neutralizzare l’attività di jamming – il disturbo delle comunicazioni – messa in atto dai russi. La relazione fra Musk e il governo Usa – a cui l’imprenditore americano è legato da accordi segretissimi – ripropone in forma nuova quel rapporto indefinito fra privato e soggetti statali che ha caratterizzato le fasi embrionali del capitalismo moderno, riportando in vita le cinquecentesche compagnie commerciali che conducevano in territori inesplorati le guerre coloniali per conto delle grandi potenze europee. Una fase della sfida tecnologica in cui privato e pubblico hanno rapporti organici e sfumati, ma che sembrano assicurare all’America la superiorità tecnologica per i prossimi vent’anni.

A tal riguardo c’è da pensare che gli Usa abbiano preferito non dispiegare del tutto le loro capacità per non mettere definitivamente in ginocchio i russi, sia per considerazioni di varia natura sulla durata della guerra sia per la consapevolezza che Putin, se messo alle strette, potrebbe mettere in atto azioni irreversibili.

In definitiva, la superiorità tecnologica americana assicurerà per molto tempo il domino delle dimensioni strategicamente più rilevanti per la competizione fra potenze. Un’egemonia tecnologica basata su una relazione strettissima – al contempo innovativa e tradizionale – fra monopoli hi-tech e Stato, che al momento non ha rivali.

La stabilità del mondo del futuro dipenderà  dalla capacità degli americani di  tradurre il loro dominio tecnologico in un’egemonia in grado di garantire una forma di equilibrio all’interno del sistema delle relazioni fra Stati, ma se lo eserciteranno semplicemente per assicurarsi la subalternità degli alleati e limitare la sfida sistemica della Cina potrebbero produrre come effetto indesiderato una balcanizzazione del web, in cui russi e cinesi decidono di scollegarsi definitivamente da internet, implementando reti telematiche alternative su cui far viaggiare informazioni e modelli culturali.

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