Forse non ha tutti i torti l’ex presidente russo Medvedev a dire che l’Occidente, la Nato e gli americani sono stanchi della guerra in Ucraina e del comportamento di Zelensky. La stessa Casa Bianca qualche giorno fa ha ammonito il presidente ucraino dicendo che “sta esagerando”. Il modo poi come Washington e la Nato, come ci ha detto in questa intervista il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra, dalla Somalia al Kosovo e all’Afghanistan, “hanno immediatamente spento il fuocherello in Polonia smentendo Kiev su un possibile attacco russo, la dice lunga sul fatto che qualcosa sta cambiando”.
Secondo Bertolini “è possibile che gli americani che fino a oggi hanno sempre spinto per la continuazione di una guerra ad alta intensità con il rischio di escalation fuori controllo che comporta, abbiano deciso di passare il testimone all’Unione Europea affinché il conflitto diventi di bassa intensità, senza implicazioni mondiali e nucleari, e si prolunghi magari chissà per quanti anni”. Una cosa è certa, ha detto ancora: “Nulla sarà più come era prima del febbraio 2022”.
Secondo informazioni scambiate tra la Nato e Kiev, ai confini con la Bielorussia si starebbe concentrando un forte contingente pronto ad attaccare l’Ucraina, tanto che l’esercito ucraino sta innalzando un muro di cemento armato con filo spinato proprio su quel confine. Le sembra possibile un attacco da quella parte?
Impossibile saperlo, certo potrebbe essere plausibile, visto che all’inizio del conflitto l’esercito russo era penetrato in Ucraina anche dalla Bielorussia. Ma può anche essere si tratti di informazioni a scopo propagandistico, per alzare la posta.
Anche perché un muro di cemento poco potrebbe fare per fermare un attacco militare. O no?
Infatti. È un ostacolo che va bene per i migranti. Se si tratta di un’operazione militare un muro di cemento armato non serve a niente.
Mentre gran parte dell’Ucraina è senza energia e le autorità invitano i cittadini ad andare all’estero in modo che la poca elettricità e il gas rimasti servano agli ospedali e all’esercito, il viceministro della Difesa ucraino ha detto che a fine dicembre entreranno in Crimea e che la guerra finirà a tarda primavera. Come può un esercito di un Paese senza energia condurre queste operazioni?
Le dichiarazioni di Zelensky e dei suoi uomini non possono non essere visite da mille finalità diverse. Ad esempio motivare il proprio esercito, dimostrare ai russi e agli occidentali che non hanno intenzione di abbassare l’asticella delle proprie richieste. È piuttosto importante sentire cosa dicono gli altri attori, come il capo di stato maggiore americano generale Mark Milley, il quale ha dichiarato che difficilmente l’Ucraina sarà in grado di riprendere i territori occupati. Certo, anche questa potrebbe essere una dichiarazione propagandistica, ma controproducente, perché abbasserebbe il livello di motivazione degli ucraini.
Quindi?
Personalmente ritengo che gli americani ne sappiamo di più sulla guerra in corso di quanto ne sanno Zelensky e i suoi ministri.
C’è un certo malumore nei confronti di Zelensky. Dopo la caduta del missile in territorio polacco la Nato è stata la prima a smorzare i toni, lasciandosi sfuggire uno “Zelensky sta esagerando”. Gli americani stanno cercando di convincere il presidente ucraino ad accettare una trattativa?
Può essere. Sarebbe una buona notizia, anche se una trattativa, perfino la pace, che tutti vogliamo, non significherebbero il ritorno alle condizioni di prima della guerra
Cioè?
Non avremo mai più purtroppo le agevolazioni energetiche e il benessere economico che avevamo prima. Siamo destinati ad avere un’economia in crisi, però una trattativa fermerebbe il deteriorarsi della situazione. Forse è cambiato anche l’obiettivo della guerra.
In che senso?
Non sembra più esserci da parte americana e della Nato la volontà di avere una guerra ad alta intensità con il rischio di un’escalation di cui si perda il controllo. Potrebbero invece propendere per una guerra cronica che vada avanti chissà fino a quando.
Una guerra a bassa intensità?
Esattamente. In questo contesto dovrebbe essere avviata un’operazione dell’Unione Europea come quelle che vengono fatte in tante parti del mondo di addestramento militare in supporto agli ucraini. È come se si stesse preparando una sorta di passaggio di responsabilità, il testimone da chi gestiva una guerra ad alta intensità a chi gestirà una guerra a bassa intensità.
È d’accordo che intanto la strategia militare russa sia cambiata? Niente più combattimenti sul campo e lancio continuo di missili sulle centrali energetiche. Lo scopo?
Sì, la strategia militare russa è cambiata. È cambiato il paradigma della guerra. Dal punto di vista terrestre si è passati da una postura offensiva ad una difensiva, rinunciando a larghi tratti di territorio: l’abbandono di Kherson è un fatto importante. La classe politica russa ha dovuto accettare un problema non da poco, di fatto ammettendo la sconfitta.
Però si concentrano sul lancio dei missili.
Se sul campo sono passati alla difensiva in attesa che si rendano disponibili le riserve mobilitate da Putin, allo stesso tempo, per non dare all’avversario il tempo di sfruttare questa stasi per rinforzarsi, sopperiscono con gli interventi aerei. Fa parte di una stessa strategia: diminuiscono l’impegno terrestre per aspettare le forze e in questo tempo procurano gravi danni al nemico.
Anche perché l’Ucraina non può bombardare il territorio russo. È sempre Mosca ad avere il coltello dalla parte del manico?
C’è poco da fare, comunque la si pensi. Questa guerra si svolge in Ucraina.
(Paolo Vites)
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