COME RILANCIARE LA LOTTA AL PROGRESSISMO
Difendere l’idea di natura e di storia contro il progressismo più vuoto e ideologico come quello attuale: così Ernesto Galli della Loggia nell’editoriale di oggi sul “Corriere della Sera” lancia un appello al mondo dei conservatori per “rinfrescare” al più presto le proprie battaglie e convinzioni in modo da non lasciar “vincere” l’unica vera ideologia al momento presente sul campo opposto, per l’appunto il “progressismo”. «Il principale problema politico dei conservatori è quello che pur essendo critici dello spirito dei tempi devono curare di non apparire dei reazionari», rileva come epilogo l’esperto professore ed editorialista del “CorSera”, «Oggi però, a differenza che per il passato, una posizione conservatrice può contare da questo punto di vista su un vantaggio importante: davanti a sé, infatti, essa non ha come una volta l’illuminismo, il liberalismo o il socialismo, cioè una qualche grande prospettiva in un avvenire migliore».
Oggi davanti all’idea conservatrice-liberale, si muove un colosso che viene definito un po’ generalmente «progressismo»: «concepisce un solo tipo di progresso — quello scientifico tecnico —, che al posto della libertà sembra perseguire solo il più banale «liberi tutti», e che in sostanza gioca ogni sua posta su un unico tableau: quello dell’umanità occidentale, perlopiù bianca, libera e benestante». Non da oggi, il progressismo di sinistra non è più la naturale “ideologia” di quelli che oggi sono i socialmente sfavoriti, in quanto oggi il progressismo «sottintende una rivoluzione antropologico-culturale che mira a delegittimare alcune strutture profonde del sentire comune». Una critica feroce quella che Galli della Loggia lancia contro la società moderna occidentale che sembra aver ceduto il passo quasi su tutti i temi al progressismo più militante: questa nuova “ideologia” «mira a sovvertire innanzi tutto il mondo dei valori e i rapporti personali tra gli individui».
GALLI DELLA LOGGIA: CONSERVATORI CHE SALVINO L’IDEA DI NATURA E DI STORIA
Per compiere questa “rivoluzione” culturale, il progressismo secondo Galli della Loggia sta cercando di abbattere le due idee che ancora resistevano sul fronte della realtà occidentale, l’idea di natura e l’idea di storia. La natura ormai, secondo la sinistra dominante oggi in ambito culturale e scientifico, «esisterebbe ormai solo come qualcosa da superare, un limite arcaico da gettarci dietro le spalle». Perciò il progressismo, rintuzza il professore, è teso a eliminare «l’idea che i comportamenti umani elementari nonché gli stati psico-emotivi e i rapporti interindividuali che li caratterizzano (la bipolarità di genere e l’accoppiamento, la genitorialità, il legame dei gruppi primari) abbiano un qualsiasi fondamento nella natura».
Spingendo al massimo la teoria di Galli della Loggia sembra quasi di rileggere echi del geniale intuito di Giorgio Gaber, profetico nel lanciare l’allarme già negli anni Ottanta: soggetivizzare al massimo la cultura, la scienza e perché no anche la religione si si riesce, in questo modo non esisterà più “la verità” ma solamente “una” verità, quella della maggioranza, quella del progressismo. Ebbene, secondo l’editorialista del “Corriere” dopo la natura anche la storia subisce lo stesso attacco progressista: «rivolgere la propria attenzione al passato, magari considerarlo in qualche modo fonte d’ispirazione, contrasta troppo clamorosamente con il suo scopo: guardare solo e sempre avanti perché da lì solo può venire la felicità, lì solo è ciò che è nuovo e buono, il progresso appunto». Per questo i progressisti tendono a far passare come retrogradi e reazionari i conservatori, tanto di ieri quanto di oggi: ma secondo Galli della Loggia, oggi opporsi a questa ideologia progressista è esso stesso definirsi conservatori, «ha poco del reazionario ma assai di più incarna una posizione di cautela e di dubbio necessari di fronte agli applausi scroscianti pronti a levarsi dappertutto verso il sempre nuovo, verso l’irrisione o la distruzione di quanto non lo è. Oggi una posizione conservatrice ha paradossalmente quasi la funzione di un «katéchon», di qualcosa che trattiene da una deriva potenzialmente fuori dall’umano».