IL GENDER E L’ALTERITÀ: IL FOCUS DELLE PSICOLOGHE CANZI E IAFRATE

Da un lato il monito lanciato pochi giorni fa da Papa Francesco, dall’altro la testimonianza storica del cristianesimo: due versanti per comprendere meglio un dato oggi messo inquietantemente a rischio dalla cultura-ideologia gender che tende ad annullare tutte differenze di genere. Sull’Avvenire del 6 marzo è l’intervento di due psicologhe e docenti dell’Università Cattolica – Elena Canzi e Raffaella Iafrate – a richiamare il valore intrinseco della differenza sessuale, dell’educazione all’affettività e della stessa sessualità. «Il fondamento dell’identità di ogni persona passaa necessariamente dal riconoscere se stessi grazie al rapporto con l’alterità e la differenza»: così sottolineano sul quotidiano della CEI le due esperte che contribuiscono così al dibattito sollevato sul valore dell’identità di genere in un mondo che spinge sempre più verso la “liquidità” e la “fluidità”.



Nella visione cristiana, la persona integrale viene definita proprio dalla differenza e dall’alterità, dall’incarnazione vera in una dimensione corporea: «l’incontro con la differenza nell’umano non può prescindere dalla differenza sessuale che, in quanto potenzialmente generativa, sta all’origine di ogni persona ed è condizione necessaria per la realizzazione del progetto generativo», spiegano Canzi e Iafrate. Ai partecipanti del Convegno internazionale “Uomo-donna immagine di Dio. Per una antropologia delle vocazioni”, Papa Francesco in Vaticano ha rivolto parole nette nel denunciare il pericolo più incombente del nostro tempo: «oggi il pericolo più brutto è l’ideologia del gender, che annulla le differenze». Il gender è considerato come appunto una «brutta ideologia» che tende a «cancellare le differenze e rendere tutto uguale»: secondo il Santo Padre, cancellare le differenze di genere è di fatto come «cancellare l’umanità».



“LA PERSONA INTEGRALE LUOGO DELL’INCONTRO TRA DIFFERENZE”

Come ha sottolineato l’arcivescovo emerito di Milano, cardinale Angelo Scola, nel suo recente saggio “L’evidenza del corpo. Nella prospettiva di un’antropologia adeguata”, «Come il mistero della nascita e della morte, così la differenza sessuale costituisce un dato incoercibile dell’umana esistenza, senza assumere il quale non si può accogliere il reale nella sua pienezza». Accogliere la realtà nella sua pienezza nel giorno d’oggi è anche testimoniare quanto fino a qualche decennio fa non veniva neanche messo in discussione e oggi invece va “riguadagnato”: secondo le due psicologhe e docenti, l’umanità intera è generata da un incontro continuo di differenze, «da un materno ed un paterno e siamo in grado di generare solo grazie all’incontro con una persona sessualmente differente da noi».



L’incontro delle differenze ha poi sempre una dinamica conflittuale intrinseca, intesa però come un «combattere insieme» che definisce l’effettiva realtà dialogica dell’incontro umano: «differenze di genere e di generazione sono metafora della vita psichica, attraversano al fondo l’umano e ne è prova l’angoscia di chi per motivi diversi è ostacolato o impossibilitato in questo processo di riconoscimento identitaria». Davanti ad una realtà culturale e sociale che è spesso quasi spaventata o allarmata dalla “differenza” – quasi che tale differenza provochi discriminazioni o conseguenze malevole – ciò che riaffermano Canzi e Iafrate è il valore dell’origine su cui è nata l’identità umana: «risulta sempre più urgente riproporre una visione della persona “integrale”, luogo dell’incontro tra differenze, orientata alla generatività che fa maturare speranza e amore per la vita».