Il digiuno intermittente negli ultimi anni è diventato una sorta di moda, visto come una scelta miracolosa per perdere rapidamente peso, con benefici generalizzati per tutto l’organismo. Sulla carta questo è del tutto vero, e lo sottolinea anche Giuseppe Remuzzi parlando con il Corriere, che ricorda come “migliora la sensibilità all’insulina e il metabolismo, riduce l’infiammazione, abbassa il colesterolo e la pressione del sangue in chi ce l’ha alta”.
Effetti del digiuno intermittente sui quali la scienza non ha dubbi, ma che presentano anche un limite piuttosto importante ovvero, evidenzia il direttore dell’Istituto Mario Negri, che sono “a breve termine“. Rimane, insomma, un’enorme lacuna sul poi, sull’eventuale insorgenza di nuovi problemi a lungo termine, a distanza di uno o due anni di dieta. Ha cercato di dare una risposta a questi interrogativi sul digiuno intermittente un recente studio americano presentato all’American Heart Association a Chicago. Uno studio che parla di una realtà ben diversa, nella quale tutti quegli effetti positivi svaniscono, lasciando spazio solo a numerosi rischi.
Digiuno intermittente: i dati dello studio americano
Lo studio definisce chiaramente che il digiuno intermittente non solo è privo di benefici, ma causa anche un aumento del rischio di morte per complicazioni cardiovascolari. Un rischio aumentato calcolato incrociando i dati sui decessi del sistema sanitario (di persone in parte in salute e in parte malate) con quelli della dieta seguita. Inoltre, una seconda parte dello studio ha definito che un digiuno di anche solo 14 ore (rispetto alle 16 medie previste per questo tipo di dieta) aumenta il rischio di infarto, ictus e morte nei pazienti che già soffrono di cuore.
Lo studio sulla dieta intermittente, commenta Remuzzi, “è importante perché l’idea di limitare entro poche ore l’assunzione del cibo sta diventando molto popolare” ed è importante capire, prima che si diffonda ancora di più, se “a lungo termine può far male, anche a chi è malato di cuore o ha un tumore”. Dai dati dello studio è evidente che “alla lunga non sembra dare alcun vantaggio“, ma è anche vero che “l’analisi ha numerosi limiti”, non tenendo per esempio in considerazione altri fattori che avrebbero potuto concorrere al decesso. Tanti, secondo Remuzzi, gli elementi su cui riflettere, ma è importante per ora entrare nell’ottica che “il digiuno intermittente non solo non è un elisir di lunga vita, ma potrebbe persino rivelarsi vero il contrario”.