Tranne che per la Chiesa ambrosiana, il Mercoledì delle Ceneri segna l’inizio della Quaresima. Sulle orme di Gesù che trascorse quaranta giorni di preghiera e di digiuno nel deserto, oggi i cattolici sono chiamati al medesimo digiuno e alla medesima preghiera.
Secondo l’attuale disciplina ecclesiastica il digiuno deve essere osservato il Mercoledì delle Ceneri (o il primo venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il Venerdì Santo: inoltre tutti i maggiorenni fino ai 60 anni sono tenuti all’astinenza dalle carni i restanti venerdì di Quaresima.
Il Papa quest’anno ha chiesto a tutti, “credenti e non credenti”, di fare oggi una “Giornata di digiuno per la pace”. Francesco ha lanciato la sua richiesta mercoledì scorso, a meno di 24 ore dall’attacco all’Ucraina, quando ormai tutti i segnali andavano verso questa drammatica evoluzione e ha rinnovato il suo appello, che è andato oltre i confini della Chiesa cattolica, domenica scorsa dopo la recita dell’Angelus, quando la guerra scatenata da Vladimir Putin ha cominciato a uccidere anche i civili, non solo i soldati.
Il digiuno è una consuetudine profondamente radicata in quasi tutte le religioni. Nel caso del cristianesimo il senso è quello di dire con il proprio corpo di carne che nostro cibo non è solo l’alimento materiale, ma anche Dio. “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio” (Mt 4,4): è quanto Gesù risponde al demonio quando questi gli suggerisce di trasformare le pietre in pani per soddisfare la sua fame.
Come si collega l’azione del digiunare con quanto avviene in Ucraina? Qual è il senso profondo di un rito penitenziale che, senza dubbio, non ha un’incidenza immediata su eventi che in ogni caso sfuggono alla sfera d’azione personale delle persone qualsiasi? Sono domande che vengono rivolte ad ogni credente. È giusto interrogarsi sull’opportunità di insistere su temi come la penitenza, il digiuno, la mortificazione in un periodo già così tanto penoso e preoccupante: prima con la pandemia e adesso per la guerra.
La Quaresima cristiana non è un inno al dolore fine a se stesso, ma illumina la sofferenza dandole un senso alla luce dell’amore e del perdono. La polvere con cui veniamo segnati il giorno delle ceneri lascia su di noi il segno della croce che, per i cristiani, è la chiave della redenzione. I grani di cenere che si imprimono sulla nostra fronte possono essere assimilati alle briciole di pane della Cananea (cfr Mc 7,24-30). È l’episodio in cui una donna lontanissima dalla fede ebraica si rivolge disperata a Cristo dicendogli che i cagnolini si sfamano dei frammenti minuti di pane che cadono dalla mensa dei ricchi.
In quelle tracce di bene piccole, umili, che sono “le briciole” l’occhio della fede impara a scrutare la promessa della salvezza. Anche un non credente può trarre frutto da questa esperienza se impara a vedere nel digiuno non tanto una privazione, ma il desiderio di rinunciare a qualcosa per donare, per fare posto alle cose davvero importanti.
Noi, piccoli e poveri uomini qualsiasi, non possiamo nulla contro la guerra dei grandi e dei potenti ma possiamo spegnere le piccole guerre della nostra vita quotidiana, donando briciole del nostro sforzo per rinunciare a vincere, a competere, cioè a “fare la guerra”, in quella gara per primeggiare alla quale, non di rado, riduciamo la nostra esistenza.
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