Si chiama Dignitas Infinita e porta la firma del cardinale Victor Manuel Fernández. Si tratta di una dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede in cui il Pontefice, per mezzo di quello che a tutti gli effetti è il suo braccio destro, fa il punto sulle questioni più spinose che hanno attraversato i suoi undici anni di ministero petrino. Sono tematiche, quelle contenute in Dignitas Infinita, che spesso hanno infiammato gli animi e hanno concorso a costruire patrimoni identitari sia delle formazioni politiche più conservatrici che di quelle più progressiste. La Santa Sede cerca dunque di fare sintesi, di superare le polarità e di ripresentare – di fatto – una dottrina cattolica che dopo il “ciclone Francesco” si presenta come immutata, aperta ad alcune considerazioni pastorali, ma immutabile nella formulazione che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI le hanno attribuito.
Il punto di partenza, nella prospettiva di Bergoglio, è la persona e la sua dignità infinita. La dichiarazione si propone di denunciare tutti i tentativi in cui la manipolazione umana ferisce questa dignità in nome di egoismi e di libertà che mortificano il dono che ogni donna e ogni uomo ha ricevuto con la vita. Su questa linea è dunque da collocarsi il mandato della Chiesa nel XXI secolo: annunciare, promuovere e garantire questa dignità, difendendola da tutte le forme di oggettivazione e di mercificazione del nostro tempo.
Il Dicastero, a tal proposito, suggerisce di non scindere mai le questioni legate alla dignità della persona da quelle connesse alla sua dimensione sociale. Non ci può essere dualismo tra ontologia e storia, tra l’identità dell’uomo e il suo muoversi nella storia. È come se il papa affermasse che la stessa contrapposizione tra conservatori e progressisti è priva di significato in quanto la persona, per sua stessa natura, è nella storia, sta dentro ad una relazione e la sua identità – il suo valore – feconda e trae nutrimento da quella stessa relazione.
In forza di questo assunto, Dignitas Infinita può accostare le violazioni più tradizionali della dignità della persona – aborto, omicidio, genocidio, eutanasia e suicidio volontario – a quelle di cui la Chiesa ha acquisito maggiore consapevolezza negli ultimi centocinquant’anni, la povertà, la guerra, il travaglio dei migranti, la tratta delle persone, gli abusi sessuali e la violenza contro le donne.
Particolarmente intense sono le condanne forti pronunciate contro l’aborto, la maternità surrogata e l’eutanasia, mentre il documento, sulla scorta del magistero del papa gesuita, ritorna più volte sulla cultura dello scarto – in particolare delle persone disabili – e sulla teoria del gender, affiancando queste riflessioni a tematiche nuove quali quelle legate al cambio di sesso e alla violenza digitale.
Certo, qualcuno farà notare che c’è un’esplicita condanna della violenza e della repressione delle persone omosessuali, ma neppure su questo fronte ci sono novità, in quanto nella dichiarazione Dignitas Infinita si ribadisce quanto più volte affermato dai predecessori di Francesco circa l’incompatibilità tra l’essere cristiani e l’offesa alla dignità personale delle persone omosessuali. La dottrina è così ribadita, riaffermata, senza alcuna alterazione e senza che gli elementi più discussi nel dibattito di questi anni facciano capolino nel documento. Il tono, insomma, è di chi pare voler lasciare tutto in ordine prima di andarsene. Ma nessuno può con certezza definire l’orizzonte temporale che ancora attende il papa argentino e nessuno, pertanto, può considerare davvero conclusive queste affermazioni.
Di fatto Bergoglio mostra apertamente che la sua ricerca di una via pastorale all’accoglienza delle diverse situazioni personali non coincide con una riflessione più globale sulla dottrina della Chiesa, lasciando nella delusione e nell’amarezza i settori più progressisti della Chiesa cattolica e quelle vaste porzioni di società che si erano illuse sui suoi intendimenti allo stesso modo in cui, quasi duecento anni fa, si illusero sugli intendimenti di Pio IX.
Le questioni sul tavolo restano tutte ed è compito della Chiesa, in questo immutato quadro dottrinale, cercare le parole più vere per annunciare la fede a chi è ferito o è nel dolore, a chi sperimenta rabbia o dolore per una lontananza dell’istituzione ecclesiastica che non comprendono e che vorrebbero, al contrario, vedere diminuita. La forza di Francesco, adesso forse si può dire, non sta tanto nella sua rivoluzione o nella sua capacità di elaborare un pensiero alternativo, quanto nella capacità di incontrare e accogliere tutti, col desiderio che ogni incontro possa spalancare il cuore dell’uomo a quella verità che costituisce ancora oggi il cuore dell’insegnamento della Chiesa.
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