«Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre»: così Giorgio Gaber nell’iconica prosa “Qualcuno era comunista” e non riusciamo a non pensare a Oliviero Diliberto, tra i principali politici e accademici italiani che hanno passato tutte le varie “ere” del comunismo in Italia e ora pienamente dedicato anima e corpo all’insegnamento nella patria più comunista al mondo ad oggi, per l’appunto la Cina. In una lunga intervista ad Alessandro De Angelis sull’Huffington Post, il fondatore del Partito dei Comunisti Italiani torna a parlare in pubblico dopo una lunghissima assenza dettata dalla sua fluente attività accademica: «ho portato Giustiniano in Cina, ora hanno un codice civile», racconta Diliberto, professore di Diritto Romano alla Sapienza ma anche con una cattedra all’Università Zhongnan of Economics and Law di Wuhan.



E proprio nella città dove è nata l’emergenza pandemica mondiale, l’ex membro di Pci, Rifondazione e PdCI saluta con ammirazione il Paese cinese (tanto da tenere in casa, racconta De Angelis, le foto di Mattarella e Xi Jinping appaiate…): «Xi è il più importante leader cinese per quel che riguarda l’equilibrio interno della nazione. Mao è il grande rivoluzionario, Deng ha creato le grandi riforme, ma secondo me Xi è il più lungimirante in una fase difficilissima del mondo». In merito al dramma del Covid, Diliberto difende a spada tratta Pechino «Il Covid lo hanno sconfitto con la disciplina orientale. Li avresti dovuti vedere migliaia di studenti, chiuse nelle stanzette senza mai uscire, con l’organizzazione che portava loro da mangiare tre volte al giorno».



LA CINA E IL “SOGNO” COMUNISTA

La Cina viene vista ancora come un sogno da Oliviero Diliberto (e non solo) anche se non viene minimamente preso in considerazione quel “piccolo dettaglio” dei diritti umani, di un regime che opprime le libertà dei singoli e tiene sotto controllo nascite e professioni dei propri cittadini. Di contro, il copioso lavoro del giurista-politico italiano ora è finalmente sbarcato anche in Cina e questo non può che essere un elemento comunque positivo: «È che in tutto il mondo prima nascono i codici, poi arrivano le Costituzioni, che sono un fenomeno novecentesco, anche in Italia. In Cina accade il contrario. Questo significa che mentre da noi il codice civile italiano non risente dei diritti costituzionali, in Cina è il contrario, nasce dai principi costituzionali […] il codice se lo sono scritto da soli, noi abbiamo contribuito a formare una classe di giuristi per redigere questo lavoro, e io sono orgoglioso di aver contribuito a formare giuristi che oggi sono tra i migliori in Cina», conclude Diliberto su HuffPost, non prima di replicare alle accuse di dittatura mossa dal bravo giornalista De Angelis, «In Cina non c’è la democrazia occidentale, c’è un’altra forma di democrazia che è il potere del popolo» Diliberto, esattamente come il “suo” ex Premier Massimo D’Alema, vedono ancora quel sogno “non rattrappito” del comunismo mondiale in Cina (tornando ancora a Gaber, ndr…): il fondatore di Leu ieri in Cina è stato citato per una sua dichiarazione recente in merito ai 100 anni del Partito Comunista, «lo straordinario salto verso la modernità e il progresso compiuto dalla Cina, che ha fatto uscire almeno 800 milioni di persone dalla povertà. È un risultato straordinario. Mai nessun Paese nella storia dell’umanità è riuscito a realizzare una così immensa trasformazione della vita delle persone». Il “sogno” rimane, la “realtà” forse un po’ meno…

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