Quanti segreti ci sono in giro in queste settimane. Il primo è cosa ci sia davvero dietro l’arresto di Cecilia Sala. Niente della versione ufficiale convince. Trattenerla è un gesto di ritorsione illegittimo e crudele, nessuno ha dubbi. Ma prendere lei non è stato un caso. E di certo ha un suo motivo che tutti ricollegano al trattenimento dell’ingegnere iraniano a Malpensa. Operazioni collegate e tenute coperte per dieci lunghi giorni e che forse sono alla basa di un altro evento, ovvero le dimissioni di Elisabetta Belloni da capo del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), la struttura di vertice e di coordinamento dei nostri servizi segreti.
Fatto personale, dice l’interessata, e va creduta. Solo che, se così è, non si può non notare quanto sia del tutto inopportuno lasciare il comando nel pieno di una crisi così grave e complessa. Escluse le questioni di salute, a cui non si fa riferimento, ci sono ruoli che presuppongono di mettere da parte le cose personali e servire in modo totale. Il fatto che non ci sia al momento un capo in carica e nel pieno dei poteri è una circostanza che deve farci riflettere su come siamo ampiamente impreparati al nuovo scenario di “belligeranza geopolitica” ai confini dell’Europa e in Medio oriente. Ci ritroviamo di fatto schierati in un mondo più complesso ed incattivito, che in tante zone manifesta tensioni e conflitti che erano sopiti da decenni. La cosa è accaduta a prescindere da noi e trovare un nostro nuovo posto nella storia non sarà semplice. Tutelare le relazioni con chi ci conviene e ci vende petrolio o compra lusso non è semplice se poi bombarda gli alleati e ci rapisce i concittadini.
È per tali motivi che in questa nuova realtà, per noi asimmetrica, diventa essenziale avere strumenti più efficienti per gestire scenari complessi. Non solo forza militare, ma una intelligence che sappia leggere scenari e condurre operazioni in modo da tutelare i nostri interessi ed i nostri concittadini, che sia meno divisa e meno usata per spiarci tra noi, più rivolta a scenari internazionali e devota al Paese più che all’esecutivo di turno.
La scelta della Belloni appariva, in classico stile bipartisan, utile a stemperare i rischi di un uso distorto dell’intelligence, cosa accaduta negli anni addietro, e che appare come un’ombra nell’infinita storia di dossier che girano su tante scrivanie per ricatti di medio, piccolo e grande cabotaggio. Ma ora che siamo di fatto belligeranti su tanti fronti, anche se non in guerra, serve un salto di qualità della politica, in primo luogo, e di chi si occupa dei servizi. Siamo una debole potenza mediterranea sul piano militare con un’economia che dipende da importazioni ed esportazioni, ovvero dall’estero, per quasi ogni cosa. Fragili in questo contesto ed impreparati a scenari conflittuali.
Diventa quindi essenziale sapere chi sono gli alleati, chi gli avversari, quali i contesti e gli scenari su cui investire. Fare tutto ciò senza un capo dei servizi nel pieno dei poteri, con strutture divise tra difesa, interni e presidenza del Consiglio può non essere la migliore condizione per difenderci e reagire a quelli che saranno, nei prossimi anni, i tanti rischi e pericoli che ci troveremo ad affrontare. Al posto della Belloni serve una personalità forte, terza rispetto alla politica, condivisa con le forze parlamentari di maggioranza ed opposizione che sappia bene intendere i rischi da cui tutelarci.
Al momento il Paese appare diviso e impreparato, incapace di reagire alle continue intrusioni esterne. Fondi americani comprano a pezzi comparti strategici del nostro sistema Paese, i francesi fanno shopping nel food, nelle moda e nell’automotive. Siamo un giardino di frutti maturi senza difesa, in cui tutti entrano e portano via quel che vogliono, mentre i guardiani litigano su chi deve mangiarsi quel poco che resta senza farsi scoprire. Servono giardinieri attenti e guardiani severi, per non trasformarci da giardino d’Europa in pantano mediterraneo.
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