Come possa andare a finire questa bislacca crisi di governo non ancora formalmente aperta lo sa solo Mario Draghi, e forse nemmeno lui. La politica italiana, da Mattarella in giù, è appesa alle valutazioni che farà mercoledì in Senato. E al termine di una domenica di passione, polemiche e insulti incrociati, ciò che filtra a Palazzo Chigi è che le condizioni per andare avanti sembrano proprio non esserci.



Certo, Draghi è assediato da tutte le parti. Da Washington a Bruxelles, da mille sindaci a esponenti della società civile, in tanti lo supplicano di rimanere alla guida del governo italiano. Sono appelli che di sicuro non lasciano l’ex banchiere centrale indifferente, ma che sinora non corrispondono a un rasserenamento del clima politico.



La ragnatela delle pretese (quelle di Conte nella surreale diretta Facebook di sabato sera) e i veti incrociati (quelli di Salvini e Berlusconi, disposti a un governo Draghi solo senza i 5 Stelle) sono talmente paralizzanti da far pensare che lo scenario più plausibile mercoledì sia quello della conferma delle dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, non che questo governo possa andare avanti come se nulla fosse successo.

È lo scenario più esecrato da Mattarella, che ostinatamente si augura che le condizioni per andare avanti si materializzino nelle prossime 48 ore. Ma deve essere tenuto in seria considerazione. Cosa accadrebbe, dunque, se Draghi decidesse di averne avuto abbastanza, e di non poter proseguire con questo governo? Si possono delineare tre scenari differenti.



Il primo è il reincarico a Draghi, magari dopo un rapido giro di consultazioni. Essendo improbabile la ricucitura della coalizione esistente, cui sono stati dati cinque giorni, questa ipotesi aprirebbe alla possibilità di un bis dove di fatto il ruolo di Conte e dei 5 Stelle viene assorbito da Di Maio e dai suoi transfughi. Presuppone nelle prossime ore una ulteriore emorragia dalla galassia grillina e soprattutto che Draghi vi trovi elementi sufficienti per rimangiarsi quella frase netta e ripetuta più volte: “senza M5s non c’è nessuna maggioranza”. Dicono che l’operazione “scissione bis” sia in corso, ma ne saremo certo solo quando vedremo nuovi abbandoni dalla nave pentastellata che affonda.

Una seconda ipotesi, almeno sulla carta, è che si possa coagulare una nuova maggioranza, senza Draghi. Ipotesi ardua, visto che Mattarella ha più volte fatto capire di considerare questo l’ultimo governo possibile in una legislatura che ne ha già espressi tre, e con maggioranze totalmente differenti fra di loro. Eppure lo scenario circola, anche se presupporrebbe una saldatura politica che abbracci un arco che va da LeU ai centristi, passando per il Pd e le due anime grilline, ortodossa e scissionista. Una ricucitura del “campo largo” terremotato proprio dalla crisi innescata dal Conte. Va da sé che si tratterebbe di una maggioranza politica numericamente risicata, una sorta di governo giallorosso bis, di cui Mattarella sarebbe certo riluttante a intestarsi la paternità. Per di più, visto che l’asse Berlusconi-Salvini sembra più saldo che mai, Forza Italia e Lega raggiungerebbero la Meloni all’opposizione, e si preparerebbero a una quasi certa vittoria a valanga alle elezioni.

Non si dimentichi che alla scadenza naturale della legislatura mancano al massimo otto mesi, se proprio si vogliono sfruttare al massimo i margini di tempo costituzionalmente previsti. Siamo agli sgoccioli, insomma, un nuovo governo politico avrebbe pochissimo tempo per recuperare consensi alla sinistra. Più probabile debba gestire un autunno lacrime e sangue, fra inflazione e penuria di gas.

Ecco perché il terzo scenario, la fine della legislatura e lo scioglimento anticipato delle Camere, rimane al momento il più probabile. Si voterebbe fra fine settembre e inizio ottobre, e questa ipotesi sarebbe anche la più lineare, soprattutto se Draghi rimanesse a gestire gli affari correnti, occupando Palazzo Chigi sino a inizio novembre. Si andrebbe certo all’esercizio provvisorio di bilancio (che non avviene dal 1988, governo Goria). Ma anche agli occhi dell’Europa sarebbe il male minore. Poi, quel che potrebbe accadere all’indomani del voto è tutto da vedere.

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