Governo Draghi sull’orlo della crisi. Oggi M5s uscirà dall’aula del Senato e non voterà la fiducia al governo sul Dl Aiuti: lo ha annunciato ieri Giuseppe Conte, al termine del consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle. Una decisione che sembra inserirsi perfettamente nel perimetro delle linee rosse tracciate martedì da Draghi in conferenza stampa: l’attuale governo senza i 5 Stelle non può andare avanti, a un governo Draghi non può succedere un Draghi bis. “Noi irresponsabili? Chi lancia strali guardi nel suo cortile” ha detto ieri Conte durante l’assemblea con i parlamentari del Movimento.



Salvini e Letta hanno fatto dichiarazioni quasi fotocopia: se M5s esce dall’esecutivo si va al voto. “Dopo Mario Draghi non sosterremo alcun governo”, hanno fatto sapere da FI.

“Ci troviamo improvvisamente tra due estremi, rinvio di Draghi alle Camere e crisi al buio con conseguente voto anticipato” ammette Fabrizio d’Esposito, notista politico del Fatto Quotidiano. Ma il vero rebus è Draghi, perfino Mattarella dipende dalla sua risposta”.



Adesso che cosa succede?

Ci sono due ipotesi. La prima è che Draghi salga al Quirinale, si dimetta e non ritorni sulla sua decisione. È uno scenario coerente con la drammatizzazione messa in atto da palazzo Chigi.

Ti riferisci alle dichiarazioni di Draghi ieri in conferenza stampa?

Sì. “Con gli ultimatum il governo non lavora e non ha senso”, “senza la fiducia di M5s il governo finisce”, e quel “chiedete a Mattarella” in risposta a chi domandava cosa succede se al Senato M5s non vota la fiducia.

Ovvero?

Come dire: il Quirinale pensa una cosa, io magari ne penso un’altra. Draghi è irritato, stanco della situazione.



E l’altra ipotesi?

È quella che ci aspettavamo tutti: una soluzione light, e cioè i 5 Stelle non votano la fiducia, Draghi sale al Quirinale, Mattarella lo rinvia alle Camere, Draghi incassa una nuova fiducia perché i numeri senza i 5 Stelle ci sono, e si va avanti. Uno scenario che andrebbe bene a Conte, perché non si vota, almeno non subito, ma anche al Colle.

Però nessuno è più certo che andrà così.

Infatti il vero rebus di questa situazione è Draghi stesso. Conte aveva già fatto capire che l’esperienza di governo, a certe condizioni, può anche proseguire. È stato Draghi a drammatizzare il quadro. È chiaro che la prospettiva di guidare un governo retto da una maggioranza di centrodestra non lo elettrizza…

Forse non entusiasma neppure Mattarella.

Questo non lo so. Di sicuro cambierebbe la formula originaria del governo, quella dell’unità nazionale.

Il capo dello Stato riuscirà a convincere Draghi a tornare alle Camere?

Non lo sappiamo. Possiamo solo aspettare.

Di fatto M5s si astiene sull’inceneritore di Roma e i superpoteri del commissario. Non è troppo, non è esagerato?

Ma è proprio per questo che la rottura non sarebbe l’ipotesi più razionale. In altri tempi sarebbe bastato un rimpasto, sostituendo i ministri Patuanelli e D’Incà.

Conte ha però innalzato anche una bandiera politica: il reddito di cittadinanza non si tocca.

Sì, però Conte non vuole il voto anticipato, come non lo vogliono secondo me Salvini e Berlusconi. E nemmeno Letta. Forse lo vuole solo la Meloni.

Però tutti hanno capito che la situazione è controproducente. Letta: “se M5s esce dall’esecutivo si va al voto”; Salvini: “se M5s non votano il decreto aiuti, si va a votare”.

Infatti non si può escludere una crisi al buio, anzi. Aggiungo che Draghi stesso ha detto di non volere un Draghi-bis. Circolano già le ipotesi delle date per votare, si parla del 25 settembre o della prima domenica di ottobre. Si parla perfino di un governo Franco, che però durerebbe come un gatto in tangenziale.

È esagerato dire che stavolta il pallino non è più nelle mani di Mattarella ma di Draghi?

In fondo è così, perché domani (oggi, ndr) tutto è legato a quello che Draghi risponderà a Mattarella.

Perché Draghi è così risoluto?

Draghi ha avuto un cambio di fase dopo la mancata elezione al Colle. E detesta questi partiti. Su quasi trenta Consigli dei ministri ha convocato la cabina di regia solo tre o quattro volte, i provvedimenti sono spesso arrivati ai ministri a pochi minuti dal Cdm.

Quindi?

L’ex presidente della Bce è uno Zelig dal punto di vista politico, è multicolore e cangiante, ma può darsi che la sua umana sopportazione sia giunta al limite.

Qual è adesso il suo partito?

Il Pd.

Che cosa lo preoccupa nel breve?

Se la crisi viene riassorbita? Quello che Salvini potrebbe chiedere dal palco di Pontida. Sia chiaro, oggi Draghi potrebbe pure assecondare il volere di Mattarella, che ricordiamolo, non ha mai mandato il Paese al voto nonostante due crisi di governo. E questa sarebbe la terza.

I Cinquestelle possono sopravvivere solo andando all’opposizione, ma senza le urne a breve, altrimenti sono rovinati. È questo l’azzardo di Conte?

Ma la posizione di Conte è fragilissima. È stato portato sulla posizione espressa in Consiglio nazionale anche dai senatori irriducibili che sono per l’uscita, mentre esponenti come Bonafede o Appendino sono titubanti: ma come, avevamo dato a Draghi un ultimatum per fine luglio e usciamo così, adesso?

Mattarella questa volta potrebbe ricevere un niet da Letta e Salvini.

Sì, ma cosa farà Conte? Non lo sappiamo.

Che cosa significa?

Potrebbe perfino decidere di rinnovare la fiducia a Draghi dopo averlo fatto dimettere…

(Federico Ferraù)

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