Alla fine la bomba al neutrone è scoppiata. Letizia Moratti si è dimessa da vice presidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia “essendo venuto meno il rapporto di fiducia con il Presidente Fontana”. Guarda caso, le stesse parole usate un mese fa nei confronti dell’ex sindaco di Milano dal presidente leghista, che l’ha istantaneamente sostituita con l’affidabile e rispettato Guido Bertolaso.
Insomma, una love story cominciata sotto i migliori auspici quasi due anni fa finisce malissimo. Eppure l’algida ma efficiente Moratti può rivendicare risultati importanti: la campagna vaccinale Covid, iniziata nel mezzo di una tempesta e conclusasi egregiamente; la “riforma della riforma” sanitaria lombarda con il rafforzamento della medicina territoriale; l’inizio della riduzione delle liste di attesa per esami e prestazioni (per la verità quasi solo un auspicio per ora). E allora perché il centrodestra lombardo rinuncia a un cavallo di razza consegnandolo potenzialmente al Terzo Polo o ad altri progetti?
Sulla vicenda pesano elementi soggettivi e oggettivi. Tra i primi, quell’atteggiamento di innata superiorità che promana da Donna Letizia e che non è mai andato giù agli uomini di apparato. “Non risponde mai ai partiti – si sussurra nei corridoi di Palazzo Lombardia – pretende di avere un rapporto diretto con i cittadini e ci guarda sempre dall’alto in basso”. Poi c’è la questione delle promesse non mantenute: certamente a gennaio 2021 qualcuno per convincerla a subentrare allo stressato Giulio Gallera le ha sicuramente promesso la staffetta nel momento in cui Fontana appariva in grande difficoltà per l’inchiesta camici (dalla quale alla fine è poi uscito scagionato). E per la signora Moratti le promesse – anche in politica – si mantengono sempre.
Ma in politica, si sa, contano più i dati strutturali che le questioni personali e dunque vediamo velocemente lo scenario: il centrodestra lombardo uscito trionfatore dalle recenti elezioni politiche è in realtà in grave crisi. Dal tramonto dell’era Formigoni il sistema si reggeva sull’asse centrale rappresentato dalla Lega, un asse oggi ridotto numericamente e indebolito dalla probabile scissione dei fedelissimi di Bossi, di cui si dà per certa la discesa in campo alle prossime regionali.
Anche Forza Italia non gode di buona salute: l’uscita della Gelmini, i mal di pancia del marginalizzato Max Salini, la frustrazione della base che chiede invano di contare nella scelta dei candidati, l’esplicito dissenso sugli spazi sempre più ampi di potere di cui godono Licia Ronzulli e il suo fedelissimo Alessandro Cattaneo, le perplessità sugli smarcamenti internazionali di Berlusconi.
A questi due pilastri portanti della coalizione al momento non si è sostituito quello di Fratelli d’Italia: il partito della Meloni è forte nelle urne, ma molto meno nei consigli comunali e nei Cda delle aziende partecipate. Insomma, manca di classe dirigente e neppure la spasmodica campagna acquisti degli ultimi mesi è riuscita a colmare il gap di autorevolezza e preparazione dei suoi uomini e donne.
Non è che l’opposizione sia messa molto meglio: il Pd non ha ancora deciso il candidato e neppure il metodo per sceglierlo, il M5S sa di essere più debole che altrove e cercherà un risultato per la firma senza allearsi con nessuno. Chi sta relativamente meglio è il Terzo Polo, che vede nello sganciamento della Moratti la grande occasione per imbarcare definitivamente i berlusconiani e i piddini moderati e crescere ancora rispetto al lusinghiero 10% di un mese fa.
Resta però l’ostacolo legge elettorale. Quella lombarda è semplice e lineare nella sua spietatezza: vince chi prende un voto in più. Quindi né Moratti né qualsiasi altro candidato alternativo al centrodestra possono farcela. Al più sarebbero un elemento di disturbo, giocando una carta per sparigliare altrove, a Roma per esempio. Si profila peraltro un election day molto ravvicinato: se, come tutto fa credere, martedì prossimo la modifica alla legge elettorale regionale verrà approvata dal Pirellone (o in subordine per intervento ministeriale), si potrebbe votare già il 5 febbraio insieme al Lazio e questo ridurrebbe ulteriormente le chance degli outsider.
Nonostante le voci e gli insider che si sono moltiplicati in questi mesi, molti nutrono forti dubbi sull’effettiva volontà di Moratti di sfracellarsi contro la corazzata moderata. E non è un caso che nel comunicato odierno non si faccia alcun riferimento a una sua discesa in campo. Insomma, per quanto Fontana sia azzoppato, la strada per la sua rielezione sembra spianata.
Forse col senno di poi Donna Letizia avrebbe fatto bene ad accettare il posto al Comitato Milano-Cortina 2026. La politica è un mestiere complesso anche per i bravi manager…
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