Tra i teologi più accreditati in Italia, ma anche presidente della Pontificia accademia, Antonio Staglianò ha dedicato parte dei suoi studi teologici nella ricerca di quei messaggi di fede che si nascondono anche nelle cose più impensabili: è il caso di quella che chiama ‘pop theology’, di cui ha parlato in modo approfondito in un’ampia intervista per il quotidiano la Verità. Si difende subito precisando chiaramente, e in un certo senso rivendicando, che “la pop-theology non è la schitarrata di un vescovo, ma”, sottolinea Antonio Staglianò, “un’impresa culturale di alto profilo. È il tentativo di comunicare con un linguaggio incarnato che utilizza” i linguaggi artistici, tra “poesia, letteratura e anche musica pop”.
Precisa, però, che non è un tentativo di cercare ‘scientificamente’ un Dio o delle risposte sui grandi misteri della fede e della teologia perché, spiega, “né la resurrezione di Gesù Cristo, né l’esistenza di Dio, possono essere ‘provate’” nel senso scientifico, perché in quel caso “la realtà [diventerebbe] empirica, tecnica”. La prova di quella fede, secondo Antonio Staglianò, si trova “nei santi e nei martiri” che, precisa, “li devi assolutamente distinguere dai kamikaze islamici” che pur professando di farlo in nome di Dio, “spargono morte”.
Antonio Staglianò: “Dio non manda nessuno all’inferno, ma è l’uomo a scegliere di finirci”
Andando oltre alla questione della pop-theology, poi Antonio Staglianò allarga il suo ragionamento alla fede in generale, partendo dall’eterna diatriba su quel Dio misericordioso che non fatica a mandare un uomo all’inferno, per spiegare che “non è un distributore automatico che ti manda all’inferno o al purgatorio” perché, in realtà, “sei tu a farlo. Invece di lasciarti illuminare, di riconoscere di essere un peccatore e seguire i comandamenti, ti nascondi nel bunker”. Differentemente, spiega ancora Antonio Staglianò, “in paradiso ci va chi ha dato da mangiare all’affamato, da bere all’assetato, vestito il nudo, di qualsiasi religione [sia], perché tutti gli esseri umani hanno Cristo dentro di loro”.
Il succo del messaggio cristiano è quello di amare, perché “se percepisci che nessuno ti ama e tu non ami nessuno, rendi barbara la tua esistenza” e rifiutando fino alla fine Dio, “con consapevolezza e senza nessun rimorso, la luce dell’amore a poco a poco finisce totalmente” e in quel buio che ti crei attorno nella morte, continua il teologo, “neppure Dio ti vede più“. L’inferno, dunque, “è desiderare il volto di Dio, ma non ti appare” ed è questa la vera “sofferenza” secondo Antonio Staglianò; mentre nel simile (ma pur sempre diverso) purgatorio, “puoi intravedere qualcosa, chiedendoti ‘è lui? non è lui?'” che pur essendo comunque “anche questa sofferenza”, è purificatoria e “orienta al paradiso”.