«Mi sento un peso enorme sulla coscienza. Prego e faccio i conti con me stesso. Faccio i conti con Dio»: sono le parole, riportate oggi da La Stampa, di Gabriele Tadini, il responsabile del funzionamento della funivia Stresa-Mottarone e anche colui che ha confessato tutto solo tre giorni dalla tragedia che comportato la morte di 14 persone innocenti. Si trova ora nel carcere di Verbania in una cella di massima sicurezza con l’accusa gravissima di disastro e omicidio colposo plurimo con l’aggiunta della “rimozione-omissione dolosa di cautele”, assieme agli altri due arrestati (il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il proprietario della funivia Luigi Nerini).
Ma sono state le parole del capo servizio Tadini a far capire agli inquirenti come si siano svolti i fatti domenica scorsa: «l’impianto idraulico dei freni di emergenza aveva dei problemi, perdeva olio e le batterie si scaricavano di continuo». Così dopo la riapertura della funivia post-lockdown il 26 aprile scorso la decisione che si rivelerà poi purtroppo fatale: «la funivia continuava a funzionare a singhiozzo» ed è stato in quel contesto che si continuava a mettere e togliere il “forchettone” per armare e disarmare il sistema dei freni di emergenza.
MOTTARONE: LA CONFESSIONE E LA DINAMICA DELLA STRAGE
Tadini dunque spiega ai pm – come riporta ancora Zancan su “La Stampa” – che la decisione presa con il gestore è stata quella di far permanere inseriti i “forchettoni” per permettere alla funivia di girare senza intoppi. «Mai avremmo potuto immaginare che la cima traente si spezzasse, era in buone condizioni e non presentava segni di usura», inoltre erano stati monitorati attentamente nell’ultima verifica tra marzo e aprile. «Quello che è successo è un incidente che non capita neppure una volta su un milione», confessa amaramente il capo servizio del Mottatone: purtroppo però quel “caso impossibile” è avvenuto a Stresa domenica 23 maggio e 14 persone sono morte per questa doppia incredibile “attualità” (il cavo che si spezza, ancora senza una vera spiegazione, e la scelta scellerata dei gestori di manomettere i freni di emergenza). L’avvocato Possetti racconta come quel capo servizio, da 40 anni dipendente della società che gestiva la funivia, voleva raccontare fin da subito tutta la verità sui fatti: «non ho fatto altro che accompagnarlo in questo suo percorso di verità […] Tadini era molto provato, mai avrebbero pensato di far correre quel rischio ai passeggeri. Siamo tutte persone umane, possiamo fare delle scelte sbagliate senza rendercene conto», spiega il legale a “La Stampa”. L’ex gestore Zanotti spiega che mai avrebbero potuto fare una cosa del genere, «non avremmo mai messo quelle forchettone per non fermare la funivia»: ora però tutto quanto è invece accaduto e come si ripete, quasi parlando da solo Tadini, «dovrò fare i conti con Dio, mi giudicherà».