Quando parliamo di ludopatia facciamo riferimento ad una dipendenza da gioco (qualunque esso sia) che crea assuefazione e astinenza. Questi sarebbero i fenomeni di neuro-adattamento che il Prof. Marco De Nicola, coordinatore del Centro Psichiatrico Integrato di ricerca, prevenzione e cura delle Dipendenze (CePID), diretto dal professor Gabriele Sani, della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCC, ha collegato alla definizione di dipendenza, ascrivibili quindi anche alla ludopatia. “Ne conseguono anche il desiderio compulsivo, l’incremento e la reiterazione della condotta fino alla perdita di controllo, con disagio psico-fisico e compromissione del funzionamento”. Questa la messa a fuoco perfetta del problema da parte del dottore, il quale, intervistato al Tempo, ha messo in evidenza l’identikit del dipendente tipico, delineando anche come il trend si stia evolvendo tra le persone.



Il Prof. De Nicola ha voluto anche sottolineare l’importanza dei segnali d’allarme da non trascurare. “Un Disturbo da Gioco d’Azzardo può essere diagnosticato sulla base dei sintomi e delle alterazioni comportamentali riportati dal soggetto e dai familiari e mediante il riscontro dei criteri diagnostici dei sistemi classificativi. È utile integrare la valutazione clinica con questionari che indagano gli elementi costitutivi del gioco d’azzardo patologico e forniscono una misura indicativa della sua severità.



LE CARATTERISTICHE DEL DIPENDENTE TIPICO DELLA LUDOPATIA

Quali sono le caratteristiche tipiche del dipendente da ludopatia? I ricoveri e le richieste d’aiuto presso il CePid hanno permesso di delinearne i tratti più ricorrenti. Si tratterebbe in particolare di un soggetto prevalentemente di sesso maschile, con un’età media di 45 anni, un livello almeno medio di scolarità, celibe e occupato. Tuttavia, negli ultimi anni, si è assistito a un incremento delle richieste da parte anche di utenti di genere femminile. Ma non solo.

A preoccupare è poi l’età media inferiore rispetto al passato. E come se non bastasse tra i giocatori d’azzardo con caratteristiche potenzialmente a rischio, circa il 5% sarebbe rappresentato da giovani tra i 15 e i 19 anni. I dati sarebbero presi dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2023. A tal proposito, tra gli interventi che il Prof De Nicola propone di mettere in atto ci sarebbero anche attività formative e informative rivolte agli operatori di sala/ricevitorie e in collaborazione con scuole e Università, oltre a studi e ricerche inerenti ai fattori di rischio neurobiologico e ambientale, al fine di perfezionare strumenti di screening, maggiore sensibilizzazione sulla problematica, e percorsi di aggiornamento per il personale coinvolto nella gestione delle dipendenze.



COME CURARE LA LUDOPATIA

Una volta individuato il trend della diffusione della ludopatia e le caratteristiche che delineano la problematica e chi ne soffre, occorre concentrarsi sulla cura. Sempre il Dott. De Nicola ha indicato gli step che andrebbero affrontati: “Il percorso terapeutico consiste in interventi psico-educativi e riabilitativi individuali e di gruppo e, laddove indicato, terapie farmacologiche e tecniche di brain stimulation. Attraverso un approccio integrato, curare il gioco d’azzardo patologico è possibile.”

Da non trascurare è infine anche l’aspetto della recidiva. ”Occorre ricordare che le dipendenze presentano tassi di ricaduta significativi, soprattutto nei casi più severi e di lunga durata. Pertanto, la riduzione del comportamento e della sintomatologia psico-fisica può essere raggiunta in alcuni mesi, mentre l’astensione completa e il pieno recupero funzionale richiedono tempi più lunghi. Il ruolo dei familiari è fondamentale, sia in termini di supporto psicologico-affettivo, sia di gestione di aspetti concreti quali il monitoraggio delle spese” .