COME È CAMBIATA LA DIPLOMAZIA DEL VATICANO CON PAPA FRANCESCO
La missione di pace di Papa Francesco per la guerra in Ucraina è in pieno svolgimento e con essa la diplomazia del Vaticano è ormai da mesi al lavoro per provare a “spegnere” l’enorme focolaio aperto il 24 febbraio 2022 con l’invasione della Russia sul territorio ucraino. Una diplomazia che resta invariata nella forza e nella discrezione come durante i tempi della Guerra Fredda, giusto per citare un esempio illustre del passato, ma che però presenta elementi molto diversi specie per il “posizionamento” geopolitico di base.
Lo spiega in una lunga trattazione – non del tutto priva di criticità – Francesco Peluso sul quotidiano “Domani”, parlando addirittura di «diplomazia spericolata» per quanto riguarda il Vaticano: lo “slogan” potrebbe essere una Chiesa non più (solo) al servizio dell’Occidente laico e cristiano, ma è ovviamente molto più complesso il tema da approfondire per capire quali criteri porti in dote la “nuova” diplomazia della Santa Sede sotto il Pontificato di Francesco. Fino all’incontro avvenuto negli scorsi giorni in Vaticano tra Papa Francesco e il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il Santo Padre era visto con qualche perplessità dalle parti di Kiev. Non solo, la continua “severità” dimostrata con gli Stati Uniti rappresenta di certo un punto di discontinuità rispetto al passato diplomatico della Santa Sede.
MISSIONE DI PACE DI PAPA FRANCESCO: IL DIALOGO CON RUSSIA E CINA
Scrive il “Domani” che il Vaticano «ha cercato di separarsi da un’immagine pubblica di istituzione universale sì, ma sempre legata all’occidente. La necessità di aprire cammini nuovi per l’evangelizzazione a oriente, ha contribuito a determinare questa svolta culturale e politica guidata non a caso da un papa latinoamericano. E la Russia (oltre alla Cina), è diventata uno degli interlocutori più rilevanti per il Vaticano nel nuovo disordine mondiale». Dal “Ministro degli Esteri” vaticano Mons. Paul Gallagher al Segretario di Stato Parolin, dall’arcivescovo e Presidente CEI Zuppi fino allo stesso Papa Francesco e ai tanti nunzi locali: sono tutti considerati nell’Est del mondo come autorevoli figure con cui dialogare e confrontarsi.
«La Russia apprezza gli sforzi della Santa sede volti a sostenere il primato del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni unite, attraverso modalità pacifiche e diplomatiche di risoluzione dei conflitti»: così il Ministero degli Esteri russo celebrava la visita di mons. Gallagher a soli 3 mesi dall’invasione in Ucraina, nel novembre 2021. Dal Medio Oriente alla Russia, fino al sud-est asiatico e alla stessa Cina con cui persiste un difficile ma persistente accordo sulla nomina dei vescovi: la diplomazia del Vaticano è complicata e “discreta” e anche per questo viene vista non sempre benissimo in quell’Occidente che è sempre stato considerato (a ragione) l’alveo naturale della Santa Sede. Di contro però, il Papa non ha mai smesso fin dall’inizio della guerra a richiamare alla pace e alla protezione del popolo ucraino martoriato dal conflitto: «Non abituiamoci alla guerra, per favore. E continuiamo a stare vicino al martoriato popolo ucraino», ha detto ancora ieri al Regina Coeli in Vaticano Papa Francesco confermando l’intento della Chiesa di porre fine al più presto al disastro umanitario in corso. Il Card. Zuppi è stato scelto, assieme all’arcivescovo Claudio Gugerotti, capo del dicastero vaticano per le Chiese orientali, per guidare con “discrezione” la missione di pace del Vaticano: con il “bene placito”, anche se ancora piuttosto “tiepido”, di Kiev e con gli occhi interessati dell’Occidente. Se questa “nuova” diplomazia avrà successo saranno i prossimi mesi a raccontarcelo: intanto il Papa ieri ha detto, «non abituiamoci ai conflitti e alle violenze. Non abituiamoci alla guerra!».