Una petizione europea (giulemanidallacasa.it) per chiedere la riforma della Direttiva Casa Green sulla prestazione energetica nell’edilizia. A lanciarla, ieri, Alessandro Panza, europarlamentare della Lega-ID. La direttiva europea, se applicata, sarebbe di fatto una patrimoniale pesantissima destinata ad impoverire milioni di famiglie italiane e a svalutare di oltre il 40% il patrimonio immobiliare.
Un rapido ripasso del contesto. La Commissione von der Leyen ha presentato nel 2019 il “Green Deal europeo” che prevede per l’Ue l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, passando attraverso la normativa del “Fit for 55” che a tappe forzate chiede l’abbattimento delle emissioni climalteranti europee del 55% entro il 2030. Per perseguire questi obiettivi climatici la Commissione ha presentato la proposta Com 2021-802 per una revisione completa della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD: Energy Performance of Buildings Directive) che risaliva al 2010.
Il 14 marzo 2023 l’europarlamento ha votato il testo della direttiva e si stima che alla fine dei triloghi in Italia essa dovrà essere recepita fra il 2025 e il 2026.
On. Panza, perché questa petizione? Perché adesso?
Visto che l’iter legislativo di questa direttiva non è ancora concluso, ritengo indispensabile portare all’attenzione della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo la voce dei cittadini che sono sempre più preoccupati dagli scenari che si prospettano con l’adozione della cosiddetta direttiva Casa Green.
Quali scenari, in concreto?
Quello della distruzione del mercato immobiliare europeo. La Casa Green rischia di trasformarsi in una tassa patrimoniale che andrebbe a colpire in particolar modo le famiglie meno agiate, obbligandole a indebitarsi per sostenere i costi degli interventi, o, in alternativa, assistere alla svalutazione del frutto dei loro risparmi.
Che cosa si propone?
La petizione che ho depositato suggerisce tre punti chiave riguardo alla Direttiva Casa Green: prima di tutto limitarne l’applicazione solo agli edifici di nuova costruzione. Ciò significa – punto due – che le nuove norme e i requisiti energetici verrebbero applicati solo a nuove opere edilizie e si chiede di sospendere l’introduzione della direttiva per gli edifici già esistenti. Questo per garantire al patrimonio immobiliare italiano una maggiore flessibilità, consentendo di considerare le specifiche caratteristiche abitative di ogni regione del Paese. In questo modo gli obiettivi di risparmio energetico potrebbero essere perseguiti, per gli edifici preesistenti, in modo più adattabile e su base volontaria.
Terzo punto?
Condizionare l’entrata in vigore della direttiva all’individuazione delle risorse finanziarie disponibili per i cittadini e alle fonti di finanziamento. Questo punto evidenzia l’importanza di definire in anticipo da dove verranno presi e quali saranno gli incentivi economici a disposizione dei proprietari di immobili per sostenere eventuali interventi di riqualificazione energetica.
Secondo gli italiani la transizione va fatta, ma solo il 30% ritiene che il costo sia troppo alto. Se è così, non viene da pensare che siamo molto disinformati su ciò che questa Commissione sta facendo?
La transizione ecologica verso un mondo più sostenibile non può esserci se non accompagnata da una transizione sociale ed economica, cosa che in questo momento in Europa non sta avvenendo. La Commissione si è focalizzata solo sugli aspetti ambientali senza tenere conto delle ricadute socio-economiche di tali scelte. Il tema della casa ne è un esempio pratico.
In altri termini?
Obbligare surrettiziamente le famiglie a doversi indebitare per raggiungere dei livelli di sostenibilità che sono puramente arbitrari, e per di più in questa particolare congiuntura economica, rischia di far saltare quel poco che resta del ceto medio e di aumentare ulteriormente il divario sociale tra coloro che spingono per la transizione ecologica, i pochissimi, per inciso, e tutti quelli che invece la dovranno subire.
E per quanto riguarda il rapporto con l’Unione Europea?
I cittadini tendono a percepire le istituzioni europee come lontane dalla loro realtà quotidiana, non comprendendo appieno che quei processi decisionali e quelle politiche che possono sembrare distanti hanno invece conseguenze dirette e immediate sulla loro vita, dalle politiche economiche all’occupazione, all’ambiente, alle regolamentazioni commerciali e tanto altro ancora, influenzando perfino quello che mangiamo, per esempio.
Torniamo alla Casa Green. Quali sono il contesto e i tempi della direttiva?
Per raggiungere gli obiettivi climatici di emissioni zero entro il 2035, il 14 marzo 2023 il Parlamento europeo ha votato il testo della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD: Energy Performance of Buildings Directive). La Commissione ha proposto la revisione completa del testo introdotto nel 2010. Si prevede che dopo i negoziati, tale direttiva sarà recepita in Italia fra il 2025 e il 2026. La direttiva stabilisce anche requisiti minimi per gli edifici residenziali esistenti: raggiungimento della classe energetica E entro il 2030, della classe D entro il 2033 e l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
A che punto siamo del processo regolatorio?
L’iter legislativo non è ancora concluso, per questo bisogna intervenire subito.
Allo stato attuale quanto ci costa la transizione green applicata agli edifici? Ha dei dati in proposito?
L’Italia possiede un vasto patrimonio immobiliare con caratteristiche uniche e diverse in tutto il Paese. Tuttavia, uno studio Istat-Enea ha rivelato che il 61% degli edifici italiani si trova nelle ultime due classi energetiche, F e G. Ristrutturare questi edifici entro i tempi imposti dalla Commissione europea risulta difficoltoso anche per la mancanza di risorse umane e materiale nel settore edilizio. Il costo della ristrutturazione per migliorare l’efficienza energetica degli edifici è stimato tra 40mila e 55mila euro per un appartamento di 100 mq, cifre che possono triplicarsi per unità unifamiliari di 200 mq. Questo potrebbe colpire in particolare le famiglie meno abbienti, che potrebbero trovarsi costrette a indebitarsi o, in alternativa, a vedere svalutato il valore delle loro abitazioni. L’entrata in vigore della Casa Green infatti comporterebbe una svalutazione immediata degli immobili con scarse performance energetiche, fino al 40% del loro valore. Molti cittadini potrebbero non avere le risorse finanziarie necessarie per affrontare queste spese impreviste, con rischio di perdita di valore. C’è inoltre il rischio che gli istituti bancari chiedano la rinegoziazione per rivedere il valore dei mutui.
Qual è l’errore di metodo contenuto nella direttiva?
Tutti ambiscono ad avere una casa più performante, che consumi meno e produca meno emissioni, ma non ci si può arrivare con la coercizione, con l’obbligo e soprattutto pretenderlo senza chiarire in modo inequivocabile con quali e quante risorse disponibili.
Dove sbaglia la Commissione?
In questo particolare momento storico, con la Bce che continua ad aumentare i tassi, l’Europa tende inesorabilmente ad impoverirsi: servono meno ideologia e più concretezza. Bisogna tenere conto anche di tutti gli aspetti connessi alla scarsità di materiale, di manodopera, del rischio di speculazione – come è successo per il 110 per cento – e scongiurare il rischio che nel giro di qualche anno un asset strategico per le famiglie italiane come il patrimonio immobiliare finisca nelle mani di qualche fondo speculativo di investimento. Privandoci non solo della nostra ricchezza, ma anche della nostra storia e del nostro futuro.
(Max Ferrario)
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