Mutui green, soldi da restituire a tassi abbordabili: la strada per finanziare l’efficientamento energetico degli immobili, oggetto della discussa direttiva europea sulle case green, deve puntare soprattutto a questo, a individuare le risorse per sostenere gli sforzi dei proprietari chiamati a un’operazione impegnativa dal punto di vista economico. Soldi che, suggerisce Vincenzo Albanese, presidente di FIMAA (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) di Milano, Monza Brianza e Lodi, non devono essere a fondo perduto. Le priorità, quindi, sono due: mettere a disposizione le risorse per intervenire sugli immobili, ma anche evitare salassi tipo superbonus e meccanismi che possano favorire le truffe. Un tema di cui si è occupata anche la Banca d’Italia, in un documento che dà qualche indicazione su come perseguire l’efficientamento energetico degli immobili, attraverso quali strumenti finanziari. Il problema, comunque, non è solo trovare i soldi, ma anche sostenere la ricerca, affidarsi a nuove soluzioni energetiche per le case che contribuiscano a rendere questo processo accessibile a tutti.
Banca d’Italia parte dalla constatazione che mancano dati completi sullo stato dell’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano. È così?
L’85% degli immobili in Italia, residenziali e non solo, devono essere efficientati. Il nostro Paese è forse quello messo peggio in Europa, dove c’è più bisogno di interventi manutentivi, non solo energetici. I dati completi ci sono anche, ma bisogna andarli a cercare. Il problema principale è nelle grandi città: la maggior parte dei condomini hanno unità immobiliari frazionate, e qui è più difficile intervenire. Di quell’85%, comunque, almeno il 60% sono immobili in classe G, quella più bassa.
Banca d’Italia sottolinea la necessità di far arrivare i soldi degli incentivi per le case green alle fasce meno abbienti dei proprietari, valutando la quantità in base all’ISEE. Una preoccupazione comprensibile?
Dovrebbe essere una priorità. L’importante è che non si vada più nella direzione del superbonus al 110%, dei finanziamenti a pioggia, dove magari chi ne ha usufruito aveva meno necessità di farlo degli altri. Si potrebbe pensare di agevolare i proprietari dal punto di vista economico con un rimborso in là nel tempo a tassi agevolati.
L’iniziativa tocca agli istituti di credito?
Occorre valutare quanto si può portare a casa in termini di contributi europei. Durante il Covid ci sono state grandi quantità di denaro messe a disposizione a tassi addirittura negativi. Si potrebbe fare la stessa cosa prevedendo che chi ne usufruisce rimborsi in dieci, venti, trent’anni la cifra concessa. L’importante è che non siano soldi a fondo perduto perché poi si scatena la parte meno nobile degli italiani.
Un’ipotesi potrebbe essere che lo stato ci mette i soldi e poi chi li usa li restituisce in tot anni senza interessi o con interessi ridotti?
Potrebbe essere così, specialmente per i finanziamenti che verrebbero concessi per efficientare gli edifici dal punto di vista energetico.
Uno degli strumenti di cui parla il documento della Banca d’Italia è quello dei mutui green, per acquisire edifici efficientati o da ristrutturare per garantire l’efficientamento. È uno strumento già utilizzato?
Le banche stanno già cominciando a fare la differenza dal punto di vista della tassonomia. Per gli istituti di credito diventa essenziale che gli immobili siano di class A e sono disponibili a concedere un credito con tassi più contenuti. Per i nuovi interventi il mutuo green è quasi una necessità ormai per la banca. Un immobile green mantiene il suo valore nel tempo. In caso di default del debitore la banca fa meno fatica a metterlo sul mercato e a riportare a casa il credito.
Uno dei suggerimenti di Bankitalia è di chiedere ai gestori dell’energia di mettere in bolletta una simulazione dei possibili risparmi che comporterebbe l’efficientamento energetico, per far capire quali potrebbero essere i vantaggi di un’operazione del genere. Può servire a convincere i proprietari a mettere in cantiere i lavori?
Non serve a nulla. Sono pannicelli caldi. Il punto è quanto costa l’operazione. Bisogna spingere molto sulla ricerca, sulle nuove fonti di alimentazione: oggi ragioniamo ancora sul gas o sull’energia elettrica, che poi va comunque prodotta. Ci sono altre soluzioni come il teleriscaldamento, l’utilizzo dei microreatori nucleari, dimensionati in base alla necessità. Bisogna andare in una direzione nuova. Lo si è fatto nel mondo dell’automotive andando verso l’elettrico. In quel settore la ricerca la fanno, in quella delle case è lasciata al caso.
Che si parli di sussidi, di incentivi fiscali o altro questa operazione va valutata anche per gli effetti che potrebbe avere sulla finanza pubblica. Come si reperiscono i fondi senza scassare il bilancio dello Stato?
L’Italia ha votato contro le case green. L’unico modo per incentivare i Paesi che la pensano così ad andare in una certa direzione e che ci siano dei fondi europei destinati a questo. Ma non devono essere percepiti come se fossero soldi di nessuno, l’unico modo per mantenere il loro valore è che li si debba restituire. Nel caso del 110% adesso è saltata fuori una norma sulle plusvalenze in caso di vendita dell’immobile. Molto meglio essere chiari dall’inizio: “Ti do dei soldi per l’efficientamento ma tu devi restituirli”. È l’unico modo per cercare di evitare le truffe. I primi edifici da incentivare saranno quelli pubblici e quelli che hanno un’unica proprietà.
Nel dossier degli esperti di via Nazionale si propone di subordinare l’affitto al raggiungimento di standard energetici minimi. Una norma che era stata tolta dal primo testo della direttiva Ue sulle case green su pressante richiesta dei costruttori. Ha senso?
È un’ipotesi molto teorica: se ho un appartamento in un condominio come faccio a lavorare da solo se il resto dei condomini non vogliono renderlo efficiente energeticamente? Diventerebbe veramente difficile intervenire.
(Paolo Rossetti)
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