La Germania ci ripensa. Prima di varare la direttiva green sulle case, secondo la quale entro il 2030 tutti gli immobili dovranno essere adeguati per ottenere la classe energetica E, mentre entro il 2033 bisognerà arrivare alla classe D per poi conseguire l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050, il governo tedesco si è fatto venire qualche dubbio. Soprattutto da parte socialdemocratica, infatti, si pensa che gli esborsi chiesti ai proprietari degli edifici per adeguarsi alle nuove norme siano troppo onerosi. E anche, per certi versi, incostituzionali.
Una speranza, spiega Giovanni Gagliani Caputo, responsabile delle Relazioni istituzionali e degli Affari esteri di Confedilizia, che si accende anche per i proprietari italiani. L’Italia è uno dei Paesi dove saranno più pesanti, in termini di costi, gli effetti della direttiva. Ma se la Germania ha qualche perplessità può darsi che almeno in parte possa venire cambiata. Ecco come.
Avvocato, quanto è profondo il ripensamento della Germania sulla direttiva delle case green?
L’imminenza delle elezioni europee del 2024 ha indotto qualche ripensamento ad alcuni ministri di Scholz, in particolare quello dell’Edilizia e della Giustizia, che hanno cominciato a mettere in discussione i contenuti della direttiva per quanto riguarda gli oneri che graveranno in capo ai proprietari tedeschi, evidenziando anche pecche di costituzionalità della direttiva stessa. Il ministro dell’Edilizia Klara Geywitz, che è della Spd, partito di maggioranza relativa, ha evidenziato che la direttiva agisce in maniera significativa sui diritti dei proprietari tedeschi.
Si sono accorti finalmente che peserebbe troppo sui proprietari?
Sì, anche se all’interno del loro schieramento c’è una componente come quella dei Verdi che preme per realizzare la direttiva. Si sta cercando di trovare gli assetti interni per una mediazione in vista del prossimo trilogo (il confronto tra Commissione europea, Parlamento e Consiglio) che inizierà il prossimo 6 giugno.
Il dibattito in Germania riguarda anche le modalità per eventualmente correggere la direttiva Ue?
Sono aspetti che non emergono in maniera chiara. Le soluzioni possono essere quelle che sono state avanzate anche in Italia: diluire la tempistica, cercare di ridurre l’impatto prevedendo esclusioni maggiori di edifici.
È vero che è prevista una ridefinizione delle classi energetiche?
Nel testo della direttiva c’è la previsione di rivedere i termini tecnici che individuano le classi energetiche, che dovrà essere attuata entro il 2025. Secondo le indicazioni, generiche, di cui siamo in possesso, nella classe A futura rientreranno gli edifici a zero emissioni, in questo momento principalmente quelli di nuova costruzione. Quelli esistenti, attualmente classificati in classe energetica A, saranno rivisti, cambieranno, gradueranno magari in maniera differente la A inserendo delle sottoclassi che individuino gli edifici che hanno basse emissioni, ma che non sono a zero. Dovranno scomparire le classi energetiche con le peggiori prestazioni, la F e la G, ma si dice anche che si potrebbe intervenire solo per una percentuale, ma non se ne comprendono le motivazioni e soprattutto l’individuazione di quali dovranno essere. Tutti gli altri dovrebbero passare nella classe E e poi la D entro il 2033.
Si tratta ancora di ipotesi o tendenzialmente si interverrà in questo modo?
Sono tutte informazioni molto sommarie. È una situazione molto complessa: in Europa ci sono modalità costruttive diverse, aree climatiche difformi e legislazioni che si tendono a equiparare ma che non sono ancora comparabili.
In Italia c’è poi una situazione paradossale che riguarda le nuove norme: in cosa consiste?
La normativa viene fatta dal Comitato termotecnico italiano (Cti) e da un altro istituto privato. Si verifica una situazione assurda per cui il ministero dell’Ambiente dà incarico all’Enea e al Cti di elaborare la normativa tecnica che dovrà individuare i nuovi criteri per gli edifici e le classi. Questi sono istituti privatistici che emetteranno una norma tecnica per cui chi la vuole attuare se la deve comprare. Non viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, viene solo richiamata.
Ma per favorire l’efficientamento delle case viene almeno previsto l’utilizzo di fondi europei per sostenere i proprietari che devono affrontare le spese?
Attualmente si fa un generico riferimento al fatto che gli Stati membri dovranno procedere a definire dei criteri di finanziamento per raggiungere gli obiettivi indicati dalla direttiva. Non si sono fondi comunitari: in una delle proposte che potrebbero essere portare all’interno del testo della direttiva si prevede che ci potranno essere fondi. Ma certo non saranno a stretto giro, non potranno essere disponibili prima del 2028. Anche se ci saranno dobbiamo tenere conto dell’evidente difficoltà che in Italia abbiamo per utilizzare fondi europei, lo stiamo vedendo con il Pnrr.
Non ci resta che aspettare il trilogo che inizierà il 6 giugno?
Sì, poi si avvicinerà il cambio alla presidenza del Consiglio europeo: attualmente c’è la Svezia, che non sembra particolarmente interessata ad avviare questo trilogo e risolvere la questione in tempi rapidi. In seguiti ci sarà la Spagna: bisognerà vedere quali priorità avrà.
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