La direttiva sulle ‘case green’ sta prendendo forma e si sta avviando verso la sua approvazione finale. Ieri è arrivato infatti il primo via libera da parte della Commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) del Parlamento europeo. Con 38 voti a favore, 20 contrari e 6 astenuti è stato quindi confermato l’accordo raggiunto con il Consiglio Ue lo scorso 7 dicembre sulla revisione dell’Energy Performance of Building Directive (direttiva sulla prestazione energetica degli edifici), meglio nota, appunto, come direttiva case green. L’accordo dovrà ora essere discusso e approvato dall’intera Eurocamera. L’ok finale potrebbe avvenire nella seduta plenaria prevista a marzo, riporta il Messaggero.



Il provvedimento è frutto dei negoziati tra le istituzioni. E rispetto alla versione originale è stato “depurato” degli aspetti più controversi, quali l’obbligo, per i cittadini, di adeguarsi alle classi energetiche degli immobili imposte dall’Europa. In merito è stata lasciata maggiore flessibilità ai governi e sono stati maggiormente dilazionati i tempi di adeguamento.



LA RATIO DELLA DIRETTIVA UE SULLE CASE GREEN

La direttiva Ue sulle case green, criticata da diversi paesi, Italia in primis, imporrà una serie di ristrutturazioni agli edifici dei 27 Paesi membri per renderli meno impattanti dal punto di vista delle emissioni. Il provvedimento è stato infatti proposto dalla Commissione europea con lo scopo di migliorare gli standard energetici del parco immobiliare dell’intera Unione europea, in considerazione dell’enorme impatto in termini di emissioni di CO2 degli edifici, responsabili di circa il 40% del consumo energetico europeo totale e del 36% delle emissioni di diossido di carbonio.



Il testo definitivo raggiunto a dicembre è il frutto di complessi negoziati tra Parlamento e Consiglio europeo, che hanno infine portato a rivedere al ribasso alcuni punti rispetto alle richieste iniziali della Commissione. Ai governi nazionali è stata concessa maggiore flessibilità nell’attuare gli obblighi di ristrutturazione, andando così incontro alle richieste dei paesi critici.

IN COSA CONSISTE LA MAGGIORE FLESSIBILITÀ

Ampliato il margine di manovra degli Stati nella direttiva Ue sulle case green. È stato ad esempio spostato dal 2035 al 2040 l’obbligo di dire addio alle caldaie alimentate da combustibili fossili, questione cara anche all’Italia. Sempre poi per quanto riguarda gli edifici residenziali, il testo prevede che saranno gli Stati membri a progettare i Meps (gli standard minimi di efficienza energetica) e a decidere quali edifici e a che livello dovranno essere ristrutturati. Per gli Stati membri resta fermo l’obbligo di far sì, entro il 2030, che tutti gli edifici non residenziali siano al di sopra del 16% delle prestazioni peggiori ed entro il 2033 al di sopra del 26%. Quanto agli edifici residenziali, i governi dovranno garantire che il parco immobiliare residenziale riduca il consumo medio di energia del 16% nel 2030 e di una percentuale compresa tra il 20 e il 22% nel 2035. Il 55% della riduzione energetica dovrà essere raggiunto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori. I successivi sforzi di ristrutturazione per arrivare all’obiettivo finale di avere un parco edifici a emissioni zero entro il 2050 verranno stabiliti dalle strategie nazionali dei singoli paesi.

Inoltre, nel testo approvato ieri in Commissione Itre sono previste una serie di esenzioni che gli Stati membri possono applicare per gli edifici storici, per quelli agricoli, adibiti ad utilizzi militari e, ancora, edifici utilizzati solo temporaneamente. Per finire, sul fronte delle pompe di calore si apprende sempre dal Messaggero: “Sono in corso i lavori preparatori su un piano d’azione per le pompe di calore e si è svolto un intenso coinvolgimento delle parti interessate per tutto il 2023“, ha confermato all’agenzia Gea un portavoce della Commissione europea, precisando però che in “questa fase non possiamo fornire una data precisa per la presentazione del piano d’azione“.