Il 2024 potrebbe essere l’anno della sostenibilità e del dovere di diligenza per le imprese nei rapporti di lavoro. I segnali sono stati lanciati l’anno scorso, alla luce del dibattito sul salario minimo e la responsabilità delle imprese negli appalti. Infatti, c’è la proposta di direttiva Ue sulla due diligence delle imprese in materia di sostenibilità che, se approvata, imporrà nei primi mesi dell’anno un dovere di diligenza attraverso programmi diretti a limitare gli effetti negativi delle loro attività anche sui diritti dei lavoratori. Il testo finale va approvato da Parlamento e Consiglio europeo prima di essere recepito dai singoli Stati ma, evidenzia il Sole 24 Ore, già da ora le imprese devono attrezzarsi per essere pronte quando debutteranno le nuove regole.
L’obiettivo della direttiva è introdurre una legislazione omogenea applicabile alle imprese degli Stati membri, affinché agiscano in maniera sostenibile e contrastino fenomeni di diseguaglianza come il lavoro minorile, condizioni di igiene e sicurezza inadeguate e la disparità di trattamento. La direttiva è rivolta alle società di grandi dimensioni, con più di 500 dipendenti e un fatturato di oltre 150 milioni di euro nell’ultimo esercizio. Ci sono poi settori ritenuti a rischio – come fabbricazione e commercializzazione di tessuti, agricoltura, settore minerario – per i quali la soglia di applicazione della direttiva è più bassa, cioè 250 dipendenti e fatturato di almeno 40 milioni di euro, se almeno metà del fatturato è generato in tali settori.
DIRETTIVA UE SULLA SOSTENIBILITÀ: COSA PREVEDE IL TESTO DA APPROVARE
Le disposizioni riguarderanno anche le società extra Ue, se il fatturato generato nell’Unione europea arriva alle soglie indicate. Così la direttiva sulla sostenibilità contiene le condotte elusive di Paesi terzi e al tempo stesso, evidenzia il Sole 24 Ore, mantiene la competitività delle imprese europee evitando diseguaglianze in favore di Stati non europei. La direttiva prevede tre fasi per l’adempimento del dovere di diligenza: un risk assessment per individuare gli impatti negativi – effettivi e potenziali – dei processi produttivi interni sui diritti sociali dei lavoratori; misure adeguate per integrare il dovere di diligenza nelle politiche della società e prevenire gli effetti negativi, ad esempio implementando un codice di condotta e procedure interne per illustrare i principi cui devono attenersi dipendenti e fornitori; monitorare l’efficacia delle misure adottate, ogni 12 mesi.
Il monitoraggio va condotto se ci sono motivi fondati per temere impatti negativi sui diritti sociali dei lavoratori. Infatti, la direttiva Ue prevede che le società debbano dotarsi di una procedura di gestione dei reclami quando c’è la violazione del codice di condotta adottato. Questi reclami vanno presentati dai soggetti vittime delle violazioni, dai sindacati e dalle organizzazioni della società civile attive nei settori interessati. La direttiva si sofferma anche sui rapporti tra imprese e partner a cui dovrà essere richiesta una garanzia contrattuale sul rispetto del codice di condotta, pena la sospensione o la cessazione del rapporto. Se necessario, va richiesto anche un piano operativo di prevenzione per eventuali subfornitori così da individuare i fenomeni elusivi nelle filiere dove ci sono catene di appalti.