La Commissione europea nei prossimi giorni pubblicherà la bozza di una direttiva con cui si intende arrivare a emissioni zero per tutti gli edifici entro il 2050. Secondo la direttiva sarà vietato vendere e affittare gli immobili che non sono in classe E entro il 2027, che non sono in classe D a partire dal 2030 e in classe C a partire dal 2033. Oltre due terzi degli immobili italiani sono in una classe uguale o inferiore alla D; la norma riguarderebbe quindi un patrimonio sterminato. Nei fatti, per chi non si adegua, si arriverebbe all’azzeramento del valore dell’immobile a meno di investire cifre consistenti nel miglioramento della classe energetica. 



È utile, a questo punto, calare nella realtà questa direttiva. I prezzi delle materie prime e delle componenti necessarie a salire di classe o a ristrutturare case sono esplosi e in alcuni casi eccedono il 50%; L’offerta non riesce a soddisfare la domanda di una lista lunghissima di componenti. È una condizione di mercato che potrebbe non solo accompagnarci per lungo tempo, ma peggiorare sia per la sofferenza delle catene di fornitura globali, sia perché le politiche di riduzione della CO2 dell’Unione rendono particolarmente costoso al punto di disincentivare la produzione di acciaio, cemento, componenti in plastica e così via. Anche i costi di costruzione di una pala eolica, per non parlare delle vetture elettriche, sono saliti contrariamente a quello che è stato detto per anni; e cioè che con i volumi sarebbero scesi i costi. È successo e succede l’esatto opposto.



Questa è la situazione attuale; aumentare i prezzi delle case in vendita del 10-15% per assorbire i costi vorrebbe dire chiedere ai clienti diverse decine di migliaia di euro in più in una fase in cui i costi degli alimentari e delle bollette salgono alla grande. Il 110% è stato avviato, finora, su meno dell’1% delle case esistenti. È fisicamente impossibile immaginare uno scenario in cui un multiplo n volte superiore a questa percentuale riesce a salire di classe entro il 2030 e tanto meno entro il 2027. In Europa il prezzo della CO2, su cui si è aggiunta la speculazione della finanza, ha reso nei fatti non conveniente la produzione di molti materiali. Non ci capisce come, fisicamente, si possano avviare questi lavori. Si scatenerebbe una competizione tale e un tale incremento dei prezzi che solo una piccola parte del mercato potrebbe fronteggiare. I bonus, di fronte a tali dimensioni, non potrebbero essere una soluzione; già oggi sono in forse. Il bonus del 65% comunque lascerebbe fuori cifre importanti per una famiglia che non tutti avrebbero.



I costi di costruzione del nuovo esplodono e il mercato farà molta fatica ad assorbirli. I costi di ristrutturazione salgono. L’unica conclusione di questo processo è un mercato dominato da un lato da operatori finanziari che investono sul mattone e dall’altro da famiglie che non possono assolutamente permettersi l’acquisto o la ristrutturazione e devono affittare. In un mercato strutturalmente in deficit di materiali e componenti gli operatori finanziari avrebbero un vantaggio nell’approvvigionamento perché rimarrebbero una controparte affidabile in uno scenario dove si moltiplicherebbero i fallimenti. Gran parte del patrimonio immobiliare esistente verrebbe nei fatti espropriato; solo investimenti corposi e fatti con liquidità disponibile potrebbe evitare questo destino. Di nuovo una situazione in cui solo poche famiglie possono competere. Le tasse sulla successione per riequilibrare i “privilegi” farebbero il resto.

La clausola secondo cui l’immobile sarebbe vendibile solo a patto di farlo salire di classe entro tre anni sembra fatta apposta per favorire chi ha liquidità qui e ora. Più passa il tempo, più l’aggettivo “verde” appiccicato a questa rivoluzione stona. Il rosso sembra molto più appropriato. Esproprio delle macchine perché inquinanti, delle case in attesa del “sol dell’avvenire”. Eppure basterebbe rilevare la progressione dei listini delle vetture elettriche per rendersi conto di quanto l’avvenire in cui tutti potranno avere l’auto a “zero emissioni” non solo non si avvicina ma si allontana. Stesso discorso per le case di proprietà. Non si comprende come dovrebbe reagire una famiglia che dall’oggi al domani si ritrova con un immobile enormemente svalutato. La direttiva parte nel 2027, ma, ovviamente, la perdita di valore di un immobile che diventa da subito a scadenza è immediata. 

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