ITALIA E GERMANIA STANNO BLOCCANDO LA DIRETTIVA UE CSDD: ECCO PERCHÈ
L’Italia con la Germania stanno tenendo in scacco l’Unione Europea per la direttiva CSDD, la cosiddetta “direttiva anti-schiavismo” sulla due diligence per la sostenibilità ed etica d’impresa: quando sembrava che l’accordo finale fosse stato raggiunto, ecco che lo scorso 9 febbraio l’adozione formale per i 27 Paesi membri ha visto l’ostruzione “morbida” (tramite astensione) di Germania e anche del governo italiano, di fatto rimandando il tutto. Le norme proposte dalla Commissione Europea a febbraio 2022, avevano infine completato il lungo iter comunitario con l’accordo dello scorso 14 dicembre nei triloghi interistituzionali: e così la Core Sustainability Due Diligence Directive – la direttiva CSDD che richiede alle aziende di «identificare, mitigare, prevenire, porre fine e rendicontare l’impatto delle loro operazioni e di quelle delle loro controparti commerciali sui diritti umani e sull’ambiente» – sembrava pronta per essere approvata.
Come spiega Federico Fubini sul “Corriere della Sera”, l’Italia ora si ritrova nella posizione decisiva per determinare l’orientamento Ue in un senso o nell’altro: l’Europa con la direttiva sulla due diligence (letteralmente, il processo investigativo che viene attuato per analizzare il valore e le condizioni di un’azienda, ndr) vuole mettere dazi per proteggersi contro chi raggiunge bassi costi di produzione inquinando di più. Come? Tassando sempre di più all’ingresso nell’Unione europea i beni prodotti in Paesi terzi senza i vincoli ambientali e umanitari in vigore qui. Nello specifico, la direttiva Ue chiede alle imprese medio-grandi sul mercato europeo di «verificare che non ci sia lavoro forzato, lavoro infantile o inquinamento (per esempio) delle falde acquifere non solo nei loro impianti lontani dall’Europa, ma negli impianti delle aziende locali o comunque non europee che sono nella loro catena di fornitura».
COS’È LA DIRETTIVA UE SULLA DUE DILIGENCE E QUALI SCENARI SI AVRANNO ORA
L’obiettivo della Direttiva CSDD sulla due diligence è infatti quello di non fare entrare in Europa prodotti generati calpestando diritti umani, salute, libertà e anche educazione infantile: se poi dovessero emergere illegalità tra i vari elementi della filiera, a pagarne direttamente sarebbe anche l’azienda europea. Dall’Italia però già da tempo è stata manifestata una certa perplessità sulla normativa in quanto si rischia un forte aggravio di cosi e oneri di produzione, così Confindustria si è sempre schierata contraria: in Germania intanto il ministro delle Finanze e il partito liberale (Fdp) hanno portato il governo su posizioni contrarie, espresse con un’astensione nelle ultime settimane.
Se la Direttiva Ue dovesse passare, l’Europa procederebbe verso un modello di globalizzazione diverso, non dando più la priorità a prodotti a basso costo per il consumatore, ma «tende ad alzare barriere contro la fabbriche che operano in condizioni troppo dure o con lavoro semi-forzato e minorile». Se invece fosse bocciata, la normativa porterebbe il tema nuovamente in mano agli interessi del consumatore, che cerca sempre il minor prezzo, tenendo la globalizzazione sempre più aperta anche ben fuori dall’alveo dell’Unione Europea (diversamente invece, con la Direttiva potrebbero guadagnare terreno realtà nostrane al momento “tagliate fuori” dai produttori a bassissimo costo come Cina o Cambogia). Secondo Fubini la partita è ora in capo all’Italia che dovrà prendere una decisione in breve: in termini pratici, bastano 4 Paesi membri che non votano a favore, perché una direttiva europea torni al passaggio precedente, quello dei negoziati con l’Eurocamera. Al momento la presidenza belga del Consiglio Ue ha preferito rinviare il voto a data da destinarsi per attendere l’evoluzione a livello diplomatico dei rapporti con Italia e Germania sulla direttiva CSDD. In un primo momento Meloni sembrava orientata ad approvare la direttiva ma la scorsa settimana – informa il CorSera – «la delegazione di Roma a Bruxelles ha segnalato un’astensione (che equivale a una bocciatura)». Di sicuro potrebbe pesare alla fine la convinzione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in passato già molto contraria alla globalizzazione “senza regole”, così come potrebbe pesare la recente “vicinanza” con la Presidente Ue Von der Leyen, del tutto a favore della Direttiva sulla due diligence.