Della normativa sull’efficientamento e il risparmio energetico se ne dibatte in Europa ormai da anni e la direttiva case green, così come è stata concepita, rischia di tradursi in un vero e proprio attentato al patrimonio dei cittadini europei e soprattutto dei cittadini italiani. Ma l’Europa mette i freni alle rivolte e annuncia nuovi fondi destinati ad incrementare i prestiti verso i privati.
Direttive case green: se non fai i lavori di efficientamento energetico non puoi né vendere né affittare
Come sappiamo nell’ultimo periodo il governo ha dovuto eliminare il superbonus 110%, che serviva a favorire le famiglie nella riqualificazione energetica dell’immobile attraverso interventi di ristrutturazione. La norma relativa ai bonus edilizi è stata modificata molte volte e sicuramente, se da un lato è riuscita a riattivare il mercato immobiliare, dall’altra allo stato è costato moltissimo. E dal momento che il governo meloni deve risolvere il nodo delle coperture e quindi provare a sostenere la spesa pubblica, riuscendo a pagare pensioni e stipendi, il superbonus è stato eliminato.
Quello che rimane però è la direttiva Europea approvata il 14 marzo scorso, che obbliga il proprietario degli appartamenti ad operare l’efficientamento energetico entro il 2027, così da ottenere i primi obiettivi ecologici fissati dall’Europa entro il 2030. Il testo approvato nella sostanza prevede la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033 per gli edifici residenziali. Si tratta di una deadline di scadenze con raggiungimento di obiettivi che per le famiglie italiane possono significare interventi edilizi da 30 a 40 mila euro. E la soluzione per poter mettere a nuovo gli appartamenti non è sicuramente quella di venderli in quanto la normativa prevede, ed è questo il nodo spinoso della vicenda, che non è possibile né affittarli e nemmeno rivendere gli appartamenti che non hanno goduto di una riqualificazione energetica di questo tipo.
Direttive case green: cosa dirà l’Italia in Europa?
Quanto basta ad azzerare il valore immobiliare degli appartamenti e delle ville che non sono state sottoposte a interventi di riqualificazione energetica col superbonus 110%. Posto che la soluzione non è la riattivazione del superbonus 110% in quanto questo, come sottolineato dalla stessa Meloni, è diventato, allo stato attuale, insostenibile per le casse pubbliche. Sicuramente la soluzione dovrebbe comportare un più incisivo dialogo con i poteri europei in quanto dopo l’approvazione della direttiva, tutti i membri dell’Unione dovranno dialogare per spiegare se per loro la direttiva è fattibile o meno. Picchetto Fratin ha già spiegato che, benché la bontà della direttiva Europea sia necessaria, per l’Italia è inattuabile anche nel 2030. Quindi sarà sicuramente questa la posizione del Governo italiano nei confronti dell’Unione Europea.
Il prossimo step sarà dunque il dialogo con i singoli stati membri e dal momento che sono esclusi dall’obbligo gli immobili storici oltre a quelli della pubblica amministrazione (che ha pensato bene di salvaguardarsi da un’eventuale speculazione dei prezzi per i canoni di locazione), la patata bollente resta solennemente nelle mani dei proprietari di tutto lo stivale fatta eccezione per i luoghi di culto et similia. Gli immobili esentati rappresentano però solo il 22% degli immobili residenziali che sarebbero “colpiti” dalla normativa (il restante 78%). complessivamente gli immobili esentati dagli obblighi indicati dalla normativa UE case green sono 2,6 milioni. Veramente pochissimi. Ad eccezione della Germania che ha iniziato autonomamente il suo percorso green molti anni fa, il paese che soffrirà maggiormente dei danni socio-economici della direttiva sarà sicuramente l’Italia.
Il risultato è che chi sarà riuscito a praticare gli interventi edilizi (magari anche a spese dello Stato) avrà immobili il cui valore, una volta applicata la normativa, potrebbe schizzare alle stelle, tutti gli altri invece dovranno eliminare i propri immobili dal mercato: sarà infatti impossibile sia affittarli che venderli.
Del resto non si potrebbe mai obbligare un cittadino a sostenere lavori per 30 o 40 mila euro, soprattutto se il suo reddito è molto basso. Inoltre, contestualmente a ciò, è inaccettabile impedire la vendita o l’affitto di