Dopo decenni di tentativi, parte finalmente un nuovo quadro della secondaria superiore. DiSAL ha sempre sostenuto le necessità e l’urgenza di un rinnovamento in un ordine di scuola che, dagli anni ’70, si è difeso con innovazioni e cambiamenti nati dal basso, ma contemporaneamente ha visto crescere al proprio interno seri problemi di distacco dalla realtà sociale e di crisi di motivazione allo studio.
Nei nuovi Regolamenti vi sono aspetti di indubbia novità: la semplificazione degli indirizzi; la riduzione (non per tutti) dell’impegno orario degli studenti; la scrittura per competenze di quanto ci si aspetta in cinque anni di studio; alcuni tentativi di aggiornamento tecnologico dell’istruzione tecnica e professionale.
Risultano utili, ai fini del necessario cambiamento di clima nelle superiori, l’aumento della percentuale di flessibilità curricolare ed il riferimento, almeno esigenziale, ad una “scuola delle competenze”.
E’ importante infine aver scelto l’avvio contemporaneo di tutte e tre i “canali” della secondaria: si può così sperare di invertire la liceizzazione passata e ridare futuro ad una scuola che prepari al mondo dell’impresa e delle professioni, con una nuova dignità culturale del lavoro, contro anni di impero dell’intellettualismo e dell’astrazione.
Purtroppo molti problemi restano insoluti.
Il momento economico forse non è dei migliori, ma rinnovare la scuola senza investire è come cambiare la macchina senza benzina. A questo si aggiungono le gravi difficoltà finanziarie derivanti dalla gestione amministrativa degli ultimi dieci anni.
Mentre è segno di buon senso aver accettato di limitare l’avvio delle novità al solo primo anno, risulta incomprensibile da ogni punto di vista la riduzione dell’orario settimanale alle classi dei tecnici e dei professionali successive al primo anno. Il risparmio della spesa pubblica, come d’altronde la difesa dell’occupazione, non sono in alcun modo ragioni valide per giustificare riforme di ordinamenti, come purtroppo già accaduto in passato. I licei sono stati risparmiati da questa riduzione puramente algebrica solo perché hanno già meno di 32 ore.
In generale la scelta dell’uscita a 19 anni penalizzerà i nostri giovani in Europa e nei paesi occidentali.
Su diversi problemi che DiSAL ha costantemente segnalato, speriamo ci sia presto possibilità di interventi migliorativi:
L’infelice scelta del biennio unico tra tecnici e professionali, con il conseguente aumento di materie teoriche in questi ultimi a scapito di scelte professionalizzanti e laboratori fin dalle prime classi, aumentando così gli ostacoli alla riuscita scolastica ed alla preparazione al lavoro;
La mancata scelta di un curricolo essenziale e chiaramente caratterizzante i singoli licei;
Il permanere della rigidezza delle classi di concorso e gli spazi di autonomia e flessibilità per le scuole di fatto limitati all’aumento di discipline;
Il mantenimento della separazione tra tecnici, professionali e percorsi regionali di formazione professionale, che, in un contesto di incertezza sul decentramento regionale, sarà fonte di doppioni e motivo di difficoltà per la ripresa di questo settore;
La limitata diffusione nei vari indirizzi della formazione scientifica, della cultura artistica e musicale, veri patrimoni della tradizione italiana;
Il rischio dell’inutilità degli uffici tecnici nell’istruzione tecnica e professionale, in assenza di rifinanziamento dell’innovazione tecnologica e di certezze nelle relazioni con le imprese.
Ora, soprattutto per l’azione che toccherà ai dirigenti scolastici, occorre: informazione completa e tempestiva; formazione dei docenti; certezza sugli organici; attenzione e rimedio a diversi guasti presenti nelle nuove classi di concorso; chiarezza su tempi e strumenti, per evitare un avvio d’anno confuso e ritardato.
Una cosa, sappiamo, non si potrà chiaramente avere: l’investimento di nuove risorse sull’istruzione, come accade invece in altri paesi avanzati.
«Toccherà ancora e come sempre alle scuole – ha ricordato ieri il presidente di DiSAL Roberto Pellegatta – a chi in esse è appassionato alla propria vocazione professionale ed ai giovani, rimboccarsi le maniche per fare dei pur limitati spazi di flessibilità e autonomia uno spiraglio di migliore risposta ai bisogni formativi dei giovani ed a quelli del contesto sociale o produttivo del Paese».
«Ma perché questo sia possibile – ha osservato Pellegatta – occorrerà cessare l’insana contrapposizione politico-sindacale, trasferita anche nelle scuole, per fare di questo riordino una base di partenza per più importanti e validi interventi migliorativi».
Ufficio stampa DiSAL