Pubblichiamo il testo dell’Audizione della direzione nazionale di DiSAL alla Commissione Istruzione della Camera dei Deputati sul Regolamento sulla formazione docenti.
Gli elementi essenziali del sistema
Nel ringraziare dell’invito e dell’attenzione al mondo associativo professionale, a seguito delle memorie già presentate in passato in sede di Commissione ed all’on. Ministro dell’Istruzione, confermiamo, per un affronto del problema in questione in forma adeguata alle attuali esigenze della scuola italiana, di ritenere essenziali i seguenti elementi: agganciare la formazione iniziale con la scuola reale; non scoraggiare l’accesso all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria; superare nella sostanza l’Università-centrismo per delineare una formazione dove l’Università riconosca a pari grado il ruolo delle Istituzioni scolastiche autonome; alla crescita della preparazione disciplinare affiancare la preparazione didattica, metodologica e relazionale; investire adeguatamente nello sviluppo della professione docente.
La professione docente si basa su una vocazione alla comunicazione di sé e alla relazione con la classe, dove la verifica dell’efficacia non consiste negli insegnamenti erogati ma nei livelli di formazione raggiunti e di apprendimento acquisiti dagli allievi. È su questo fondamento che deve essere ripensato tutto l’itinerario formativo.
Nella sostanza, nonostante le osservazioni, i documenti e le proposte richieste e presentate dalle Associazioni professionali, resta tutta l’impostazione data dalla Commissione Israel. Restano di quel primo testo gran parte degli elementi critici: l’esclusione, di fatto, di un ruolo significativo dei dirigenti scolastici da tutto il percorso; il predominio del mondo universitario; l’assenza delle istituzioni scolastiche dalla gestione effettiva dei tirocini e dalla valutazione finale; l’eccesso di discipline con il prevalere del nozionismo sul ruolo dell’esperienza e della riflessione critica sulla stessa; l’eccessiva lunghezza della formazione per la scuola dell’infanzia e primaria,; la mancata soluzione del problema degli studenti che si laureano durante quest’anno accademico; lo strano “ope legis” per i supervisori, specie in assenza di un serio riferimento a figure di carriera della funzione docente.
Quanto al metodo è interessante osservare come quasi tutte le osservazioni a suo tempo presentate da gran parte delle Associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti (con eccezione di taluna) non siano state prese in alcun conto.
PER CONTINUARE L’ARTICOLO CLICCA >> QUI SOTTO
Confermiamo che si sarebbe ottenuto un quadro molto migliore se l’impostazione generale della riforma avesse tenuto conto di alcuni elementi di sistema.
L’attenzione (lo abbiamo sostenuto dall’inizio, sette anni fa fin dal DdL Santulli) ad un modello istituzionale autonomo dal mondo universitario, guardando con attenzione al modello francese degli IUFM. Si tratta di istituti a carattere universitario, con sede regionale o sub regionale, autonomi, governati da Consigli di Amministrazione composti da quattro componenti (Università, Ministero regionale, Scuole autonome, Associazioni professionali). All’interno di questi il primo anno è prevalentemente disciplinare, mentre il secondo anno prevalentemente laboratoriale (laboratori di elaborazione critica e sistematica di esperienze didattiche). Il tirocinio nel secondo anno occupare la metà dell’orario. A questo, dopo l’esame finale abilitante, segue un anno di prova indispensabile per la conferma del contratto a tempo indeterminato.
Pur essendo pienamente legittima (cfr. Consiglio di Stato) la scelta di regolare la formazione dei docenti e non anche il loro reclutamento, resta indubbio che le modalità della formazione iniziale (come ricorda anche il parere del CNPI) debbono strettamente collegarsi ed integrarsi con la riforma del reclutamento e dello stato giuridico dei docenti, senza le quali si andranno a creare storture sul futuro della professione docente. Questo significa che occorre coordinare il presente testo con il PdL Aprea in materia di stato giuridico.
Il Decreto sulla Formazione iniziale deve risolvere anche l’impostazione della formazione in servizio dei docenti (così come quello da definire sulla formazione iniziale dei dirigenti dovrà fare).
Ridurre i danni del testo proposto
Adeguandoci ora allo Schema di Regolamento oggetto dell’audizione, le nostre osservazioni vanno quindi nella direzione di evidenziare quei correttivi che permetterebbero di ridurre al minimo i danni che derivanti dalla sua attuazione nella forma attuale.
Articolo 1 – Oggetto
L’oggetto del Regolamento deve allargarsi alla formazione in servizio dei docenti, per evitare che questa si costruisca su meccanismi indifferenti, quando non contrastanti.
Cogliamo l’occasione inoltre per ricordare all’organismo legislativo quanto sia indispensabile delineare con diverso provvedimento anche l’istituzione della formazione iniziale ed in servizio dei dirigenti scolastici oggi assente.
Articolo 3 – Percorsi formativi
Siamo totalmente contrari all’equiparazione di tutta la formazione che nulla a che fare con la qualità, specificità, adeguatezza della preparazione alla professione. Si tratta di preparazione al lavoro con età psicofisiche diverse, che esigono contenuti, metodi, approcci, conoscenze e competenze diverse.
Stabilire cinque anni di formazione per tutti, dall’infanzia al liceo non solo proseguirà con lo scoraggiare accessi all’insegnamento all’infanzia ed alla primaria, ma rafforzerà l’intellettualismo esasperato nella formazione a questi ordini di scuola.
È inutile nascondersi che oltre a restare abbarbicati all’assunto sindacale del ruolo unico, il percorso unico quinquennale, unito all’aumento degli elementi disciplinari prosegue nella direzione opposta a quella chiesta da tutte le Associazioni professionali dei dirigenti e docenti: si persegue l’aumento dei posti delle baronie universitarie e l’astrazione intellettuale dei futuri docenti.
Inoltre, nonostante l’utilità, vi è un eccesso di spazio all’utilizzo delle nuove tecnologie, mentre manca un’attenzione alla metodologia del loro uso nella didattica
Infine l’accenno allo svolgimento del tirocinio in questo articolo trova un posto improprio rispetto all’art. 10, oltre a non definire con chiarezza che questo potrà essere praticato sia nelle scuole statali che paritarie.
PER CONTINUARE L’ARTICOLO CLICCA >> QUI SOTTO
Articolo 4 – Corsi di laurea magistrale
È un dato acquisito che ricerche di organismi internazionali e nazionali, nonché l’esperienza diretta più attenta faccia emergere le deficienze nazionali nel livello degli apprendimenti linguistici, nell’ambito delle scienze matematiche, fisiche e naturali e, in generale, delle conoscenze disciplinari.
Questo argomento è usato da molti proprio per perseguire l’inserimento nel curricolo formativo di un eccesso di discipline, invece che limitarle alle essenziali dell’area, evitando inutili doppioni con la laurea di primo livello. Tutto il secondo anno deve essere invece dedicato a laboratori di ricerca e verifica didattica in contemporanea e stretti collegamenti con il tirocinio che va collocato nel secondo anno per un numero di ore pari alla metà del secondo anno.
La preponderanza della preparazione disciplinare dimentica che ad insegnare non si impara studiando di più in Università: le competenze didattiche, pedagogiche e relazionali si apprendono dall’esperienza guidata di insegnamento a scuola.
Resta nel testo una prevalenza nella frequenza a insegnamenti universitari, in alcune parti anche non necessari alla formazione specifica stessa. Ribadiamo, come quasi tutte le associazioni abbiano detto con chiarezza che ad insegnare non si impara restando a dismisura sui banchi universitari (semmai questo è effetti sulle cattedre).
Articolo 5 – Programmazione degli accessi
Un numero rigidamente programmato non beneficia la formazione. E’ positivo quindi aver innalzato al 30% l’ampliamento del numero di posti disponibili, anche perché non è possibile che la scelta per almeno il triennio sia esclusiva di altri sbocchi professionali. Infatti non è possibile in nessun modo valutare a priori (cioè prima di un impatto con l’esperienza reale dell’insegnamento almeno con un tirocinio di un anno) l’attitudine.
Articolo 6 – Scuola dell’infanzia e primaria
E’ positivo l’aumento della durata del tirocinio a 600 ora anche se ancora insufficiente: vista la specificità dell’età e delle metodologia, resta indispensabile l’anno intero.
Resta troppo vago tutto il tirocinio e assolutamente infimo il ruolo delle scuole nella valutazione finale dell’attività svolta.
PER CONTINUARE L’ARTICOLO CLICCA >> QUI SOTTO
Articolo 7 – Scuola secondaria di primo grado
Occorre uno stato giuridico della professione docente che permetterebbe di rafforzare tutta la formazione iniziale. Ne deriverebbe un reclutamento su base di singola scuola o di scuole consorziate, e permetta l’assunzione anche per discipline per le quali l’aspirante mostri il possesso (verificato) di competenze pur non possedendo l’abilitazione alla classe di concorso (sul modello di quanto avviene in Germania, Olanda, Belgio). E’ questo un altro elemento che mostra come non si possa separare la riforma della formazione iniziale dal nuovo stato giuridico della professione docente.
Articolo 8 – Scuola secondaria di secondo grado
Si confermano le stesse osservazioni fatte per l’articolo precedente.
Articolo 10 – Tirocinio
Riteniamo assolutamente insufficiente la durata del tirocinio, che tra l’altro può anche essere “indiretto”. Il tirocinio deve essere in classe, osservativo e attivo, affiancato da un docente tutor anziano designato dal dirigente scolastico tra i docenti appartenenti al secondo livello della carriera docente (anche per questo non è possibile riformare la formazione iniziale senza riformare lo stato giuridico docente). Il tirocinante deve far parte del Collegio docenti dell’istituto di tirocinio, salvo il diritto di voto, programma con il tutor il piano annuale che deve essere collegato anche con i laboratori di ricerca didattica frequentati nella laurea magistrale. Il tirocinante dovrà godere di un contratto con l’istituto con un compenso non superiore al 50% dei docenti di primo livello e potrà essere utilizzato anche per le supplenze. Il tirocinio termina con una valutazione da parte del dirigente scolastico, su proposta del docente tutor e con una tesi parte integrante dell’esame finale della laurea magistrale.
C’è inoltre da segnalare la rinuncia (come era invece nella prima bozza Bertagna) a fare dell’anno dopo la laura magistrale un vero anno di prova di insegnamento guidato e valutato. E’ il trionfo della formazione accademica, dove persino la gestione è nelle mani dell’Università e la relazione finale di una attività svolta nelle scuole è affidata ad un universitario.
Le Istituzioni scolastiche autonome sono emarginate: esse debbono invece avere di diritto un ruolo paritetico all’Università. Nella programmazione, con il tirocinante, dei laboratori del secondo anno, nella programmazione e conduzione del tirocinio sotto la responsabilità del dirigente scolastico e del docente tutor, nella designazione da parte del dirigente scolastico di docenti esperti per i laboratori del secondo anno (appartenenti al terzo livello della carriera docente), nella valutazione finale del tirocinio da parte del dirigente scolastico con il parere del docente tutor (con possibilità che in caso di sospetta inadeguatezza del tirocinante questo sia obbligato a ripetere l’anno ed il tirocinio, anche in altra scuola, dopo di che sia possibile esprimere da parte dell’istituzione scolastica un giudizio vincolante e motivato sulla ammissione o meno all’esame finale), nella valutazione finale nell’esame abilitante con la presenza del dirigente scolastico e del docente tutor.
Il punteggio finale d’esame deve prevedere almeno 40 punti assegnati al tirocinio da parte della Istituzione scolastica dove questo è avvenuto.
Non è previsto nessun impegno di spesa statale per le Istituzioni scolastiche dove si svolge il tirocinio. Evidentemente resta la filosofia attuale del “volontariato scolastico”!
PER CONTINUARE L’ARTICOLO CLICCA >> QUI SOTTO
Articolo 11 – Tutor
La nuova figura è un dato importante nella vita scolastica. Questa tuttavia mostra con chiarezza come questo Regolamento debba essere coordinato sia con il testo che deve delineare il nuovo stato giuridico della docenza nelle forme della sua carriera, sia con il testo che deve delineare il nuovo reclutamento degli insegnanti.
Da questo punto di vista tutto il comma 5 deve essere riscritto in funzione del coordinamento normativo con testi già presenti presso questa stessa Commissione.
Solo marginalmente si registra il fatto che il tutor scolastico in tutto l’articolo risulta essere un “volontario scolastico”!
Articolo 12 – Istituzioni scolastiche per tirocinio
La selezione delle Istituzioni scolastiche autonome, statali e paritarie, come sedi di tirocinio attivo dovrà essere definita da una norma contenente i requisiti minimi (dimensioni minime 600 alunni, presenza di docenti di secondo e terzo livello della carriera docente, assenza di conflittualità sindacali, punteggi superiori alla media conquistati nelle prove nazionali di valutazione degli apprendimenti).
Le scuole si dovranno candidare presso il Consiglio di Amministrazione degli Istituti Universitari. Resta sempre la curiosa osservazione che queste sedi dovranno operare sempre in forma “gratuita” e “senza onere per lo Stato”!
Articolo 13 – Sostegno didattico alunni con disabilità
Per l’insegnamento agli alunni Diversamente Abili è indispensabile una formazione specialistica integrata che non si limiti a semplici “corsi aggiuntivi” al percorso di formazione abilitante..
Articolo 15 – Norme transitorie.
Risulta difficile comprendere come non si dia alcun riconoscimento ad esperienze di insegnamento praticate da coloro che da anni insegnano dopo la laurea richiesta dai commi 1 e 2. Questi, che giustamente debbono essere esaminati per l’accesso all’abilitazione, dovrebbero rifare un altro anno di attività, tra l’altro per metà totalmente universitaria, dopo aver magari fatti già due anni di insegnamento. Il comma 13 prevede anche per questi l’obbligo del tirocinio. Addirittura il comma 14 non contempla nessun rappresentante delle scuole per l’esame del candidato.
Il legame tra riforma delle Formazione iniziale e risoluzione del precariato non può essere risolto costringendo gli attuali precari a frequentare altre attività accademiche. L’unica modalità per uscirne e per verificare il possesso di competenze necessarie all’insegnamento è quello del concorso di istituto. Anche per questo non è possibile slegare la formazione iniziale dalla riforma del reclutamento.
Vi è infine da segnalare che la revisione delle classi di concorso non potrà risolversi decorosamente se si confermano le bozze attuali. Il ripensamento deve essere serio e innovativo, basato sulla verifica delle competenze effettive e non sulla acquisizione di titoli cartacei, incentrato sulla flessibilità dell’utilizzo, verificato dalle Istituzioni scolastiche autonome.
Articolo 16 – Norma finanziaria
È eufemisticamente curioso che l’unico impegno finanziario previsto per una attività imposta dallo Stato sia costituito da tasse a carico degli utenti. Ancora una volta la scelta è di disprezzare il valore della professione docente, per la quale si sceglie di non investire un euro. Evidente segno questo di quanto valore la comunità nazionale attribuisca al grande compito sociale degli insegnanti!