Quest’anno ricorre il cinquantenario dell’ANED, l’Associazione nazionale che raggruppa gli emodializzati e trapiantati presenti in Italia e per celebrare questa importante ricorrenza Sua Santità il 21 settembre riceverà in udienza in Vaticano una folta rappresentanza di malati (circa 200 persone) che quotidianamente affrontano molte volte critiche situazioni.
Ma questa sarà anche un’occasione per proporre e far conoscere alla società la gravosità di questa malattia cronica e le problematiche sanitarie e sociali che quotidianamente si devono affrontare. Ne parliamo con il suo Presidente, Giuseppe Vanacore, che abbiamo recentemente incontrato.
Che significato ha per voi l’incontro con Sua Santità?
Avvicinarsi a papa Francesco schierato fin dall’immediato della sua investitura a favore dei più deboli e dei sofferenti per legittimarne la dignità di persone e rivendicarne i diritti è un atto che si lega alla fede di ciascuno, ma si estende, nel contempo, anche al campo più largo della società e dei suoi problemi che Francesco con voce ferma domanda di risolvere alle istituzioni e ai Governi. Un incontro con la fede, dunque, che si accompagna con il bisogno dei malati nefropatici e dei trapiantati di far conoscere i problemi e testimoniare l’impegno di ANED da cinquant’anni al loro fianco per promuoverne i diritti e difenderne la concreta realizzazione.
Ci può descrivere quali sono i principali problemi che state affrontando?
Un versante dell’azione di rappresentanza di ANED, che diventa col tempo più precario e difficile, è la difficoltà a garantire i diritti dei malati nel tempo. La scomposizione del Servizio sanitario nazionale in venti staterelli determina la territorializzazione delle forme di tutela, facendo scorrere sotto l’alveo della diversificazione dei modelli organizzativi anche la disarticolazione dei diritti e il contestuale aumento delle disuguaglianze in materia di sanità. La pandemia dovuta al contagio del coronavirus non ha arrestato questo processo come si era auspicato a una dato momento. Si può affermare, senza rischiare di essere smentiti che le disuguaglianze nell’ambito del servizio sanitario sono aumentate e diventa sempre più difficile, fino a rappresentare una corsa a ostacoli, avere riconosciute le tutele in modo uniforme sul piano nazionale, anche quando sono previste da norme generali, come i Livelli essenziali di assistenza (Lea).
Può fare un esempio?
Un esempio pratico viene dal diritto al trasporto per i dializzati. Nonostante il fatto che i Lea prevedano il trasporto gratuito dei pazienti dalla propria residenza o dalle Rsa ai centri dialisi, non mancano casi in cui tale diritto viene negato, ponendo il trasporto a carico diretto dei pazienti, limitandosi da parte di alcune autorità sanitarie locali a prevedere un rimborso parziale e scaricando tutti gli oneri logistici e organizzativi sul malato. È il caso dell’AUSL 7 della provincia di Vicenza. Circa cinquanta pazienti trasportati da molti anni da un vettore convenzionato che improvvisamente si sono trovati lasciati senza trasporto. Grazie al sollevamento dei malati e alla decisa protesta dell’ANED, il Direttore generale ha fatto una parziale marcia indietro, lasciando però nella scia della sua incomprensibile azione di interruzione del servizio di trasporto ancora decine di pazienti a loro stessi. Ciò che è più grave è che né l’Assessore, né il Presidente Zaia hanno risposto alle sollecitazione e alla richiesta di intervento dei malati. Solo dopo un articolo apparso sull’Avvenire è stata annunciata una convocazione dei pazienti a fine luglio, che però finora non vi è stata. E pensare che una delibera del Presidente Galan risalente al 2000, mai abrogata, sancisce a chiare lettere che il trasporto dialisi è a carico del servizio sanitario.
Ci sono però anche altre distonie nel sistema…
La stessa necessità di tutele uniformi sul piano nazionale si pone su altri versanti. Nel lavoro, ad esempio, rispetto al sacrosanto obiettivo di parificare l’indennità di malattia per tutti i lavoratori sottoposti a terapie salvavita ferma al limite dei 180 giorni per anno solare per molti settori non compensati dalla contrattazione collettiva: una carenza di tutela che nella situazione della pandemia ha lasciato moltissime lavoratrici e lavoratori fragili senza alcuna retribuzione. Analogo ragionamento vale per il cosiddetto periodo di comporto disciplinato dai singoli contratti (periodo massimo di malattia oltre il quale scatta il licenziamento), affinché i lavoratori fragili siano tutelati in modo uniforme, rispetto alla necessità di assentarsi dal lavoro per la dialisi o per controlli post trapianto.
Come avete affrontato l’esperienza del Covid-19?
Per fortuna il Covid-19 ha attenuato la sua morsa, ma non è certamente sconfitto: siamo impegnati a raggiungere tutti i dializzati e trapiantati per sostenere l’importanza della quarta dose dei vaccini. L’esperienza della pandemia è stata sconvolgente, molte, troppe vite umane di persone malate immunodepresse si sono perse a causa del contagio. Per fortuna nel 2021 la speranza dei vaccini è diventata realtà e ha consentito di combattere la circolazione del contagio anche tra le persone più fragili. Il nostro appello e il nostro impegno e che tutti i malati fragili in condizioni cliniche di potersi vaccinare lo facciano, completino il ciclo vaccinale e utilizzino l’opportunità della quarta dose.
(Guido Gazzoli)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI