SUICIDIO ASSISTITO E REGIONI, IL MONITO DEL COSTITUZIONALISTA: “IL DIRITTO ALLA VITA È SEMPRE INVIOLABILE”

L’indomani della bocciatura (per un solo voto) del Consiglio Regionale del Veneto alla legge sul suicidio assistito, è il dibattito rimasto in Italia sul Fine Vita a rappresentare un elemento che giocoforza prima o poi dovrà essere affrontato in Parlamento, a 5 anni ormai dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso Dj Fabo-Cappato. In Italia un accesso al suicidio assistito per casi estremi e molto critici – con procedure ancora molto rigide – è attivo e legale, ma questo non deve andare a minare la centralità e l’inviolabilità del diritto alla vita. Lo dice all’Avvenire il costituzionalista Giuseppe Verde, ordinario di Diritto Costituzionale alla Statale di Palermo, spiegando anche che la materia così delicata del Fine Vita deve rimanere di competenza statale e non regionale.



Qualora infatti una Regione introduca una legge ad hoc sul suicidio assistito e sull’eutanasia legale, il Governo – qualunque esso sia – dovrebbe «ricorrere alla Corte Costituzionale, con la Consulta che confermi la lettura riduttiva della sentenza n.242 del 2019 per come già avvenuto in occasione del giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo dell’art. 579 del codice penale», ovvero quando venne affermato – bocciando il quesito dei Radicali – «la centralità e l’inviolabilità del diritto alla vita».



PROF. VERDE: “ECCO PERCHÈ NON SI DEVONO CREARE DISOMOGENEITÀ TRA REGIONI”

Secondo il prof. Verde, la pronuncia della Consulta 5 anni fa non intendeva creare il “diritto alla morte” bensì «è intervenuta su una disposizione del codice penale, istituendo alcune deroghe alla sua applicazione. La definizione di una specifica disciplina sul suicidio assistito potrà, se del caso, essere introdotta dal Parlamento nazionale». Per il costituzionalista, il rischio concreto di un intervento “regionale” come quello del Veneto è la «disomogeneità normativa che si verrebbe a creare, per di più in una materia così delicata» come il Fine Vita: per il professor Verde il forte rischio sarebbe che una norma locale inizi a produrre effetti anche fuori dal territorio.



Spiegando nel merito, il docente sottolinea come l’eventuale territorio “apripista” diverrebbe in poco tempo obiettivo di tanti che raggiungerebbero quella Regione per porre fine alla propria vita tramite suicidio assistito. L’atto eutanasico «coinvolge aspetti organizzativi del sistema sanitario, quando invece qui risulta prevalente la materia della competenza statale in tema di ordinamento civile. Materia per cui la Costituzione richiede uniformità di trattamento sull’intero Paese», conclude Verde ai colleghi del quotidiano “Avvenire”.