Un atto di inaccettabile intromissione. Così è stata considerata da parte di molti commentatori la lettera inviata dal Ministro del Welfare Maurizio Sacconi sulla nutrizione e l’idratazione delle persone in stato vegetativo, intervenuta proprio nelle ore in cui si stava per attuare il trasferimento di Eluana Englaro in una Cassa di cura di Udine dove sarebbe stato interrotto il trattamento di alimentazione e idratazione a mezzo di sondino naso-gastrico che le consente di rimanere in vita.
Come può pretendere un Ministro, si è detto, di intervenire su una vicenda sulla quale si sono pronunciate la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale?
La prima impressione è che in tanti abbiano travisato l’effettiva portata di tale nota ministeriale, che forse val la pena chiarire.
Si tratta anzitutto di un atto di indirizzo di carattere generale alle Regioni “al fine di garantire uniformità di trattamenti di base su tutto il territorio nazionale e di rendere omogenee le pratiche in campo sanitario con riferimento a profili essenziali come la nutrizione e l’alimentazione nei confronti delle persone in Stato Vegetativo Persistente”.
Tale esigenza sussiste effettivamente. Si assiste infatti troppo spesso al fenomeno di Regioni che adottano regole e prassi del tutto differenti tra loro anche su temi di fondamentale importanza (come ad esempio in materia di attuazione della legislazione sull’interruzione volontaria della gravidanza).
Non è certo auspicabile che il grado di tutela della vita della persona in stato vegetativo possa dipendere dall’orientamento della Regione nella quale il malato si trova ad essere.
Nel merito, a fronte di una ben nota situazione di carenza legislativa in argomento, l’atto di indirizzo richiama principalmente due documenti.
Il primo è il parere approvato nella seduta plenaria del 30 settembre 2005 del Comitato nazionale per la bioetica, nell’ambito del quale è stato chiarito che la nutrizione e l’idratazione anche artificiali “vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere”.
Il parere in questione ha altresì precisato che “la sospensione di tali pratiche va valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma, dal punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele, di “abbandono” del malato”.
Si noti che il Comitato nazionale per la bioetica ha la funzione di formulare pareri e indicare soluzioni per affrontare problemi di natura etica e giuridica che possono emergere con il progredire delle ricerche e con la comparsa di nuove possibili applicazioni cliniche, alla luce dei diritti fondamentali e della dignità dell’uomo e nell’ottica di una salvaguardia degli stessi.
Il secondo documento richiamato nell’atto di indirizzo in questione è la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 ed in corso di ratifica a seguito dell’approvazione del relativo disegno di legge da parte del Consiglio dei Ministri in data 28 novembre 2008.
Tale Convenzione, all’articolo 25, stabilisce che gli Stati Parti devono “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”.
Si consideri in proposito che, ove mai ve ne fosse stata la necessità, il documento in data 17 novembre 2008 del Gruppo di Lavoro “Stato vegetativo e stato di minima coscienza” istituito presso il Ministero del Welfare ha precisato che “lo stato vegetativo realizza una condizione di grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile”.
Con la conseguenza che le disposizioni dell’articolo 25 sui diritti delle persone disabili riguardano anche coloro che si trovano in stato vegetativo.
L’atto di indirizzo si conclude invitando le Regioni “ad adottare le misure necessarie affinché le strutture sanitarie pubbliche e private si uniformino ai principi sopra esposti e a quanto previsto dall’articolo 25 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”.
Si tratta dunque di un atto che non ha efficacia direttamente cogente, ma che presuppone che le Regioni si facciano parte attiva per dare attuazione ai principi enunciati.
E’ lecito a questo punto domandarsi come reagiranno le Regioni (nonché le strutture e gli operatori sanitari) a questo atto di indirizzo, anche in considerazione del fatto che non è agevole immaginare meccanismi atti a garantire l’effettiva attuazione in sede regionale dei principi indicati nell’atto di indirizzo, soprattutto in tempi brevi.
Un altro aspetto che inevitabilmente si pone riguarda le possibili ripercussioni dell’atto di indirizzo rispetto alla vicenda di Eluana Englaro.
Se è vero infatti che il decreto mediante il quale la Corte d’Appello di Milano ha autorizzato il padre e il curatore speciale di Eluana a procedere al distacco del sondino è divenuto definitivo, tuttavia tale decreto non ha posto obblighi in capo ad alcun soggetto.
Non c’è dunque nulla di necessitato nell’esecuzione di tale decreto.
Ogni soggetto coinvolto (Regioni, strutture ed operatori sanitari) è dunque chiamato ad assumere le sue decisioni e le sue responsabilità anche alla luce dei principi espressi nell’atto di indirizzo e valutando le possibili conseguenze delle proprie azioni od omissioni. Già poche ore dopo l’adozione dell’atto di indirizzo si è prospettata ad esempio l’eventualità della revoca del convenzionamento con il servizio sanitario per la casa di cura nella quale era previsto che avvenisse il distacco del sondino che tiene in vita Eluana.
Poiché l’atto di indirizzo riguarda tutte le strutture sanitarie pubbliche e private non appare condivisibile in particolare la posizione espressa dal Presidente della Regione Friuli secondo la quale il progettato ricovero di Eluana nella Casa di cura udinese sarebbe una questione tra privati che non riguarderebbe la Regione e sulla quale l’atto di indirizzo non avrebbe alcuna incidenza.
Se l’atto di indirizzo è criticabile nei contenuti, lo si faccia pure, altrimenti gli si dia attuazione senza indugio: c’è in gioco la vita di Eluana ed anche la messa in pratica di principi ai quali nessuno può sentirsi estraneo.