Il Disegno di legge delega sulla disabilità (atto della Camera 3347) incardinato nella Missione 5 del Pnrr Riforma 1 “Legge quadro sulle disabilità” si sta discutendo alle Camere a tappe forzate e merita un commento. La legge delega, per sua natura, deve essere chiara nei principi, nei criteri, ma anche nella visione da perseguire e durante la discussione in Commissione non si può rispondere “poi lo prevediamo nei decreti attuativi”.



L’Italia ha dichiarato di impegnarsi nell’ambito del Pnrr a “modificare la legislazione sulle disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione (vale a dire il trasferimento dalle istituzioni pubbliche o private alla famiglia o alle case della comunità)” e ci chiediamo legittimamente perché nel testo non c’è neanche una parola né sui progetti di vita, né sull’accompagnamento alla deistituzionalizzazione. Diritti e integrazione delle persone con disabilità sono già stati oggetti del Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 2017, esito di un’elaborazione di uno specifico gruppo dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità frutto di una buona sintesi  per la redazione di una legge delega. Le criticità di sistema rilevate allora sono attuali, anzi ancora più severe.



Si propose di razionalizzare i processi valutativi attualmente vigenti in un unico procedimento, di rivedere i requisiti di accesso ai trattamenti assistenziali, ai benefici fiscali, alle agevolazioni lavorative e ai servizi per l’inclusione lavorativa e scolastica; inoltre, si propose di disgiungere la valutazione di “base” dalla valutazione multidimensionale volta alla predisposizione dei progetti individuali, e al modello bio-psico-sociale; e di prevedere misure di raccordo tra i due procedimenti di valutazione.

Ora con il disegno di legge delega ci ritroviamo con l’eliminazione della definizione di handicap (legge 104) sostituita con la definizione di disabilità delle classificazioni dell’Oms, Icf e Icd; condizione oggetto di riconoscimento a opera di un soggetto che però non è indicato nel disegno di legge delega: potrebbe essere l’Inps, ma non è precisato. Rimangono così come sono gli accertamenti delle minorazioni civili, quelli della legge 68/1999 e quelli relativi “all’handicap, anche ai fini scolastici, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104” (così nel testo).



Il confuso testo non lascia comprendere se questi accertamenti siano unificati con quelli di base e alla nuova definizione di disabilità oppure no. L’accertamento ai fini scolastici o quello ai fini lavorativi non possono certo essere ritenuti “di base”. L’affidamento, per tutti gli accertamenti, è”ad un unico soggetto pubblico dell’esclusiva competenza medico-legale sulle procedure valutative”. Tutto ancora all’Inps cui già oggi spetta l’ultima parola su tutti i verbali di invalidità, cecità, sordità, handicap, legge 68/1999.

In alcune regioni l’Inps gestisce già tutta la “filiera”, incluse le visite di prima istanza; in altre quest’ultima rimane competenza delle Asl. È “facoltativa” la possibilità di richiedere, dopo aver ottenuto il riconoscimento di base, una valutazione multidimensionale, che definisca un profilo di funzionamento della persona, per la predisposizione del progetto “personalizzato”, il monitoraggio dei suoi effetti, ma il ddl non indica le modalità con cui il cittadino può ricorrere. Nella sostanza: per le prestazioni di base (monetarie, fiscali, assistenziali, ecc.) rimane una valutazione di base (da capire se disgiunta o meno).

La totale assenza di riferimenti ai percorsi di accompagnamento alla deistituzionalizzazione lascia interdetti perché svicola l’impegno assunto con l’Ue (“modificare la legislazione sulle disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione”), la Convenzione Onu e le necessità pratiche di circa 250.000 persone che in Italia vivono in strutture segreganti residenziali, non comprese le semi-residenziali. Rammento che la valutazione multidimensionale è già prevista come livello essenziale, in ambito sociosanitario, dal decreto LEA (12 gennaio 2017). Il disegno di legge, semmai, vi attribuisce nuove competenze e strutture,  dimenticando quanto queste indicazioni impattino sulle competenze regionali e sulle rispettive politiche socio/sanitarie.

Sbagliata ancora la definizione di caregiver e del sostegno ai familiari che si prendono cura della persona disabile, la parte del ddl sul budget e la “riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità”  lontana dalla Convenzione Onu, dalla Strategia sulla disabilità 2021-2030, da diverse direttive Ue sull’accessibilità dei servizi pubblici e privati che è centrale quotidianità di tutte le disabilità a prescindere dalle minorazioni fisiche, cognitive, relazionali, sensoriali.

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