Con il capo III art. 40, la Legge di bilancio istituisce il Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità, con una dotazione di 231.807.485 euro annui e la relazione tecnica afferma che tale dotazione annua corrisponde all’importo complessivo delle dotazioni annue dei Fondi che vengono abrogati ovvero il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità (100 milioni di euro per l’anno 2021 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023); il Fondo per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità (200 milioni di euro annui dal 2022); il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare (Fondo avente una dotazione annua di 25.807.485 euro annui dal 2018) e il Fondo per l’inclusione delle persone sorde e con ipoacusia (Fondo avente una dotazione annua di 6 milioni).
Per ora i conti a parere di chi scrive non tornano: anche se a un comma successivo, il 6, prevede che dal 2026 il Fondo unico sarà incrementato di 85 milioni, la somma delle risorse dei precedenti Fondi doveva aver accumulato già nell’anno in corso ben 350 milioni che ci auguriamo non siano stati (perché non utilizzati) andati a coprire altre voci di bilancio. Sarà interessante vigilare rispetto ai compiti che il Fondo unico è destinato a coprire che stando al comma 4 sono molti, così come la prospettiva di rifinanziare il tutto per gli anni 2024/25/26. Il Nuovo fondo è iscritto nel capitolo 3088 del programma 23.1 dello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nel frattempo il Consiglio dei ministri ha approvato in esame preliminare due decreti legislativi attuativi della legge delega sulla disabilità (legge 22 dicembre 2021, n. 227). Il primo riguarda la definizione della condizione di disabilità con il nuovo accertamento, la revisione e valutazione di invalidità e disabilità, consegnato a un gruppo di lavoro interistituzionale e associativo che ne deve definire i criteri con l’obiettivo di semplificare le procedure per l’accertamento iniziale della disabilità, una valutazione multidimensionale che guarda non alla condizione ma alla persona, nella relazione con l’ambiente, compresi gli accomodamenti ragionevoli, criteri fondamentali per l’elaborazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato. L’altro decreto istituisce la cabina di regia per la determinazione dei livelli essenziali (Leps) delle prestazioni in favore delle persone con disabilità. Il 2025 sarà dedicato alla fase di sperimentazione della valutazione di base e del nuovo modello di valutazione multidimensionale e dell’elaborazione del progetto individuale con connesso budget di progetto.
La sperimentazione parte dal 1° gennaio 2025, per dodici mesi, anche in previsione della possibilità di intervenire con un correttivo entro i successivi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Vengono stanziati 50 milioni di euro per l’anno 2025, quali risorse integrative e aggiuntive rispetto a quelle già destinate a legislazione vigente per sperimentare prestazioni e servizi personalizzati, che confluiscono nel budget di progetto.
In attesa di prendere nota del lavoro in itinere, è molto opportuna in materia di condizioni delle famiglie con disabili una recentissima indagine Doxa che ci consegna dati significativi che riguardano il tema del lavoro, dove soprattutto le madri di bambini e ragazzi con disabilità raccontano condizionamenti di carriera e discriminazione. Il 34% dei genitori di bambini con disabilità intervistati ha dichiarato che l’essere genitore “ha condizionato moltissimo” (voto da 9 a 10) i possibili avanzamenti di carriera, con un picco che riguarda le madri (41%) rispetto ai padri (15%), a confronto con il 17% riferito alle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità.
Un rispondente su due del campione di genitori di figli con disabilità ha vissuto una esperienza di discriminazione sul luogo di lavoro, con il 17% che ha dichiarato “moltissime volte”. Anche in questo caso il dato che riguarda le madri di figli con disabilità che hanno dichiarato di essersi sentite discriminate “moltissime volte” (voto 9 e 10) è superiore (21%) a quello dei padri (9%).
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