L’azione militare israeliana nella Striscia di Gaza ha causato notevoli distruzioni, come riportato dal New York Times, attraverso un’analisi che include video dell’esercito israeliano, pubblicazioni sui social media e immagini satellitari. Dall’inizio di novembre, 33 detonazioni controllate hanno portato alla distruzione di centinaia di strutture, tra cui moschee, scuole e interi quartieri residenziali. Secondo un portavoce militare israeliano, queste operazioni miravano a eliminare le infrastrutture usate per attività terroristiche, spesso situate all’interno di aree civili, affermando che alcune zone residenziali venivano utilizzate come basi di operazioni militari da parte di Hamas.



Funzionari israeliani anonimi hanno spiegato che la distruzione di edifici vicino al confine aveva lo scopo di creare una zona cuscinetto per prevenire attacchi contro Israele. Tuttavia, molte delle demolizioni documentate si trovano lontano da questa zona cuscinetto, suggerendo che le operazioni abbiano interessato aree più estese. Le demolizioni sono state eseguite piazzando esplosivi all’interno degli edifici e facendoli detonare a distanza, spesso dopo aver evacuato l’area circostante. Un incidente il 22 gennaio ha visto la morte di ventuno soldati israeliani durante una di queste operazioni, a causa di un attacco con granata da parte di miliziani palestinesi.



Il Dipartimento di Stato USA ha espresso preoccupazione per la creazione di una zona cuscinetto, indicando che contravverrebbe alla posizione storica di Washington contro la riduzione del territorio della Striscia di Gaza. Secondo esperti di diritto internazionale umanitario, le demolizioni potrebbero violare le convenzioni internazionali che proibiscono la distruzione deliberata di proprietà civili.

Il New York Times ha evidenziato che le grandi demolizioni controllate rappresentano una delle cause principali di distruzione a Gaza, con significativi danni inflitti a edifici residenziali, istituzionali e infrastrutture sotterranee. La distruzione dell’Università di Israa ha suscitato particolare condanna, con l’esercito israeliano che ha difeso l’operazione affermando che il sito era stato utilizzato da Hamas per attività militari, una dichiarazione non verificabile dal giornale.



Le azioni di Israele sono state criticate come simboli di privazione e distruzione per i palestinesi, con l’ambasciatore palestinese nel Regno Unito che ha accusato Israele di cercare di rendere Gaza invivibile e di impedire il ritorno dei palestinesi alle loro terre.

Attualmente, secondo numerose testimonianze di giornalisti palestinesi oltre che di semplici cittadini palestinesi, la situazione a Gaza è veramente drammatica.

Da oltre 120 giorni la Striscia di Gaza è teatro di un’intensa offensiva militare israeliana che ha trasformato la vita quotidiana dei suoi abitanti in una lotta continua per la sopravvivenza. Le difficoltà che devono affrontare, come trovare sicurezza, cibo e protezione dal freddo, sono diventate sfide quotidiane. La distruzione massiccia ha lasciato centinaia di migliaia di persone senza una casa o un rifugio, in quanto ospedali, scuole, cliniche e qualsiasi spazio aperto che potesse offrire asilo ai civili sono stati colpiti dai bombardamenti. Di conseguenza, l’intera popolazione di Gaza è stata costretta allo sfollamento.

Nel nord della Striscia, circa 600mila individui rifiutano di abbandonare la loro terra nonostante le condizioni di estrema privazione. La ricerca di un minimo spazio per riposare si è trasformata in un’agonia quotidiana, con molte famiglie costrette a cercare riparo in spazi improvvisati come i garage di edifici distrutti. La battaglia per il cibo è altrettanto disperata: la mancanza di grano ha spinto alcuni a macinare mangimi animali per fare il pane, in un contesto dove persino l’agricoltura è resa impossibile dalle condizioni di assedio.

L’accesso a beni essenziali è gravemente limitato, con i prezzi che hanno raggiunto livelli proibitivi. La situazione alimentare nel nord della Striscia è critica, con persone di ogni età che soffrono la fame. La mancanza di combustibile costringe gli abitanti a cercare tra le macerie ciò che può essere bruciato per cucinare, esponendoli ulteriormente al rischio di bombardamenti.

Il sistema sanitario è quasi collassato, con le strutture sanitarie gravemente danneggiate o messe fuori uso dai bombardamenti, e una grave carenza di medicinali essenziali come antibiotici e antidolorifici. L’attacco ha anche colpito il personale sanitario, con centinaia di operatori uccisi o arrestati, e un numero considerevole di ambulanze distrutte.

Le comunicazioni, i servizi bancari, i trasporti e altre infrastrutture essenziali sono interrotti, aggravando l’isolamento e la difficoltà di informare il mondo esterno sulla gravità della situazione. Le morti tra i palestinesi superano di gran lunga le cifre ufficialmente riportate, con molte vittime di malattie croniche o mancanza di cure prenatali che non vengono registrate.

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